Come non esaltarsi di fronte ad interventi di riforme che potrebbero colpire i privilegi della Casta? Peccato, però, che molto spesso i sentimenti di antipatia nei confronti della politica vengano quasi sempre utilizzati dalla politica stessa, e non sempre per fare i nostri interessi.
Costi della politica, privilegi della Casta, ma anche costi necessari per la democrazia. Guai a non distinguere le differenze. Spostato quindi di lato Berlusconi, i problemi non sono finiti, e a chi era e rimane contro il berlusconismo, tocca ora fare il lavoro sporco, ponendo interrogativi scomodi di fronte alle soluzioni facili. Si rischia l'impopolarità, ma molto meglio impopolari che complici. Vignetta di Mauro Biani
Non c’è dubbio: nel 1993 i cittadini italiani si sono pronunciati per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti. Si tratta di un responso tornato prepotentemente alla ribalta a seguito delle vicende che hanno riguardato la disciolta Margherita e la Lega Nord e che, da solo, si afferma sia più che sufficiente per mettere una croce definitiva anche sulla pessima legge che dal 1999 regolamenta i rimborsi elettorali. Messa così, però, più che parlare di rispetto della volontà popolare, allo studioso viene da chiedersi quale incredibile patto con il diavolo si sottoscriva una volta votato un referendum.
Tanto più che nel frattempo sono passati 19 anni e tanti elettori, che all’epoca avevano 17 anni o che sarebbero nati di lì a poco, neanche votavano. Mettendosi, quindi, nei loro panni, potrebbe risultare un po’ difficile accettare l’idea che i risultati di un referendum debbano essere considerati intoccabili.
Il dibattito sul finanziamento pubblico ai partiti (secondo l'ipocrita formula del rimborso per le spese elettorali) si sta concentrando sull'aspetto patologico che è emerso con evidenza in questi giorni: l'uso a fini privati delle risorse pubbliche, in frode alle stesse organizzazioni politiche. Così, i tre segretari dei partiti che sostengono l’attuale governo stanno ipotizzando di sottoporre per legge a controlli esterni i bilanci delle organizzazioni politiche.
Da Repubblica.it - Stefano Rodotà Che cosa alimenta ogni giorno l'antipolitica, la fa crescere, la fa divenire un elemento che struttura la società e il sistema politico, che allontana i cittadini dall'idea stessa di partecipare alle elezioni, come dimostrano rilevazioni e sondaggi? Lo sappiamo, i fatti sono ormai da troppo tempo sotto gli occhi di tutti. E' un viluppo di corruzione e privilegi, di uso privato di risorse pubbliche e di spudorata impunità, che è divenuto sempre più stringente, che soffoca una democrazia in affanno e ne aggrava una crisi già drammatica. Ed è proprio la politica, vittima di questa deriva, a farsene complice, comportandosi come se non fossimo di fronte ad una emergenza devastante, perché essa stessa ha finito con il radicarsi sul terreno concimato da un finanziamento pubblico ai partiti che ha tradito le sue ragioni ed è divenuto veicolo di nuove opportunità corruttive, di diffusione dell'illegalità.
Prendendo le mosse dall'ennesimo caso di malapolitica, i 13 milioni di euro di rimborsi elettorali per un partito che non c'è più, la Margherita, per di più utilizzati per fini privati dal Sen. del PD Lusi (o forse anche per fini politici al momento inconfessabili), "il Fatto Quotidiano" ha proposto una petizione per promuovere una legge sulla responsabilità giuridica dei partiti.
I continui tagli all'editoria e le ultime iniziative del Governo Berlusconi, riconfermate anche dal Governo Monti, hanno prodotto una prima vittima. Senza certezze riguardo al finanziamento pubblico per i giornali cooperativi, di idee e di partito, dal primo gennaio 2012 Liberazione non sarà più in edicola.
Questo il risultato di un'assurda campagna contro gli sprechi che non fa distinzione tra privilegi e libertà da tutelare.
"Trovati da solo chi ti finanzia, altrimenti è giusto che tu chiuda", questo, in sostanza, il messaggio sdegnato che per anni è stato urlato a destra come a sinistra e dal "siamo altro" Beppe Grillo.
Portare gli stipendi dei parlamentari italiani alla media europea, è questo l'ultimo diversivo intorno al quale si sta scatenando l'ira popolare. C'è una manovra lacrime e sangue che ricadrà per intero sui ceti medio-bassi, e questi che fanno? Anziché tenere alto il livello di contrapposizione nei confronti dei contenuti e le finalità politiche della stangata che sta per abbattersi su di loro, sembrano far prevalere la soddisfazione per il contentino che potrebbe arrivare dall'abbattimento dei costi della politica. Anzi, che si approfitti della presenza dei "tecnici" al Governo per risolvere questo spinoso problema, e poi sì, sarà più facile fare sacrifici in nome dell'equità. Vi fosse anche solo, quindi, la necessità di mantenere alta l'attenzione sull'operato del Governo Monti, già questo sarebbe più che sufficiente per correre il rischio di divenire impopolari, proponendo un minimo di riflessione riguardo a quel malessere diffuso per cui anche la normale vita istituzionale, a tutti i livelli di Governo, viene oggi vissuta e subita come un inutile costo della politica.
E pure Santoro e Fini favorevoli al dimezzamento dei parlamentari, luogo comune anti casta che alimenta i veri poteri forti, tipo quelli che vorrebbero un Parlamento senza ingombri.
Con un Parlamento dimezzato, oggi staremmo a parlare d'altro, e cioè di un Berlusconi ancora padrone del Parlamento.
Con la riforma costituzionale all'esame degli elettori con il referendum del 25-26 giugno 2006 "Viene ridotto il numero dei parlamentari: da 950 a 773, con significativo risparmio per le finanze pubbliche". Questo ci dice il "decalogo della riforma costituzionale" ad opera del leghista Roberto Calderoli.