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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Stop Racism

E' vero, siamo in tempi di crisi. Non solo di crisi economica, ma anche e soprattutto politica. In modo particolare negli ultimi anni, dove in nome di una presunta efficienza dell'azione di governo sono stati via via alterati i meccanismi della rappresentanza e, con loro, il delicato equilibrio tra i poteri dello stato.

Non sorprende affatto, quindi, che ancora oggi ci sia qualcuno, evidentemente non contento dei tanti disastri già provocati, che pensi bene di abdicare al più elementare dei principi democratici: il diritto alla segretezza del voto.

Giustificando il tutto con questioni ragionieristiche, è infatti giunta la proposta di accorpare la prossima scadenza referendaria con altre consultazioni quali amministrative ed europee.

Come tutti ben sanno, però, diversamente dalle altre consultazioni elettorali il risultato referendario è valido soltanto se si reca a votare il 50% più 1 dei votanti.

In altre parole, al cittadino-elettore è consentito esprimere non soltanto un'opinione circa il quesito abrogativo con un sì o con un no, ma anche se valga o meno la pena occuparsene. O, perché no, decidere di produrre un risultato di tipo negativo attraverso un uso consapevole dell'astensione al voto.

Per le consultazioni referendarie si può quindi affermare con certezza che siamo di fronte ad una possibile espressione di volontà, costituzionalmente prevista, in grado di produrre effetti ai fini della determinazione del risultato finale.

Quali problemi potrebbero allora sorgere accorpando la scadenza referendaria con le altre consultazioni nel caso l'elettore volesse non prendere parte alla sola consultazione referendaria?

Molto semplicemente, l'elettore sarebbe costretto a manifestare pubblicamente tale scelta, dovendo per forza di cose non ritirare la sola scheda referendaria.

Diversamente, evitando l'accorpamento, per l'elettore che non si presentasse al seggio non vi sarebbe alcuna certezza circa i motivi della mancata partecipazione al voto.

Nel primo caso, quindi, la volontà dell'elettore non sarebbe in alcun modo segreta, nel secondo invece sì, ed è per questo banalissimo motivo che l'accorpamento della scadenza referendaria con altre consultazioni deve essere assolutamente evitato.

 

Per concludere, che la democrazia abbia dei costi non è una novità. Al punto che, fortunatamente, a 500.000 cittadini può essere consentito proporre, con costi elevati per la collettività, un quesito referendario.

Proprio per questo, e in considerazione del fatto che tra soglie di sbarramento e leggi elettorali sempre più orientate a limitare la rappresentanza delle forze minori, con 500.000 voti potrebbe non essere possibile ottenere un solo parlamentare, appare quanto mai curioso che sulla base degli stessi numeri e per questioni meramente economiche possa invece venir meno un principio di fondamentale importanza quale il diritto alla libera e segreta espressione della volontà degli elettori.

 

Franco Ragusa

www.perilproporzionale.org