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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Stop Racism
Interessante riflessione quella di Michele Ainis del 28 marzo sull'Espresso: negli ultimi anni i poteri del Presidente della Repubblica si sono dilatati ad un punto tale che non è più possibile ignorare i rischi derivanti dalla presenza al Colle di un possibile mascalzone.
Ovviamente, nel solco della tradizione dei costituzionalisti italiani, il presente c’entra sempre molto poco, per cui le ipotesi “coraggiose” sono per lo più rivolte ai rischi futuri.
Ma va bene, accontentiamoci: meglio di nulla.
 
Anche perché, va dato atto ad Ainis, la riflessione è precedente alla “scelta - non scelta” del presidente Napolitano non solo di non nominare un nuovo Presidente del Consiglio, ma anche di congelare, a sua totale discrezione, questo importante passaggio senza il quale al Parlamento viene impedito di esercitare quanto previsto all’art. 94:
- “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. ...
 
Il Governo Monti, infatti, oltre a non aver mai ricevuto la fiducia dalle nuove Camere, non può neanche essere sfiduciato. O meglio, sarebbe un’inutile conferma di ciò che già è, un Governo in prorogatio inamovibile sino a che il Presidente della Repubblica non compirà l’unico atto che, al momento, potrebbe rimettere in moto il meccanismo, e cioè l’art. 92:
-  “… Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”.
 
Alle ipotesi di espansione dei poteri elencati da Michele Ainis, che un Presidente “mascalzone” potrebbe dolosamente utilizzare, si potrebbe quindi aggiungere anche l’omissione della nomina del Presidente del Consiglio. Un potere discrezionale in grado di costringere il Parlamento ad accettare un Governo piuttosto che un altro.
Per essere chiari: se non si fa il Governo che piace al Presidente, il Presidente non nomina e tutto si ferma. Il tutto, combinato con il potere di sciogliere, ma anche di non sciogliere le Camere, come peraltro oggi imposto dal semestre bianco, può determinare una situazione dove al Parlamento non resterebbe che rimanere a guardare.
Del resto, la prassi costituzionale delle consultazioni attraverso le quali il Presidente della Repubblica dovrebbe individuare il miglior candidato possibile ai fini dell’ottenimento della fiducia da parte delle Camere, si è via via trasformata in una sorta di verifica preventiva che, a ben vedere, ha ormai reso inutili le prerogative del Parlamento.
I conti della fiducia li fa il Presidente della Repubblica e, se non gli tornano, tanti saluti all’art. 94 che affida al solo Parlamento la verifica del rapporto fiduciario.
Ma non solo.
Anche l’art. 67 sul divieto del vincolo di mandato, ad esempio, che fine fa?
Se c’è da criticare Grillo, titoli a caratteri cubitali su tutti i giornali, ma se il Presidente Napolitano parla con cinque capi bastone e fa i conti in tasca ad un intero Parlamento, tutti concordi: è solo saggezza.
E per meglio ribadire il principio, da tanta saggezza è poi giunta l’altra umiliazione dal forte impatto simbolico: 10 saggi scelti dal Presidente per fare quello che le Camere appena elette avrebbero il diritto-dovere costituzionale di fare.
 
Ma va bene, il Presidente Napolitano è a fine mandato e a questo punto tanto vale resistere alla tentazione di richiamarlo alle sue responsabilità.
Pensiamo al futuro, come conclude Ainis nella sua riflessione.
Speriamo solo, però, che prima o poi questo futuro diventi presente, nel senso che se non s’interviene quando serve, e per tutto il settennato di Napolitano i motivi per farlo non sono certo mancati, ci ritroveremo a parlare del passato: quando c’era la Costituzione ...
 
Franco Ragusa