Governabilità e rappresentanza, questi i cardini sui quali, a seguito della sentenza della Consulta, dovrebbe cercare di reggersi la legge elettorale.
Sì, va bene, ma i numeri a cui fare riferimento, come deciderli?
È giusto “vincere” al 35%, o è più giusto al 37 o al 40%?
Ed è giusto, nella logica di una legge elettorale in grado di assegnare, al primo turno o al ballottaggio, un premio di maggioranza, poter decidere anche il livello di NON rappresentanza per le forze minori di opposizione?
Se c’è un vincitore sicuro, con la maggioranza parlamentare assicurata dal meccanismo elettorale, per quale motivo fare terra bruciata di milioni di voti di opposizione?
Per quale motivo alterare l’espressione della sovranità popolare anche dal lato della futura opposizione, se l’obiettivo della governabilità risulta in ogni caso assicurato dal premio di maggioranza?
Per un motivo molto semplice che si chiama voto utile; un voto peraltro ugualmente utile se gli elettori “nemici” smettono di votare.
 
Per i partiti maggiori, infatti, che l’elettore destinato a rimanere senza rappresentanza decida di non votare, ben venga : meno voti validi rispetto ai quali fare i conti per la soglia, e meglio sarà per loro, con le percentuali destinate a salire.
Ed eccolo quindi qui il primo doppio trucco: alte soglie di sbarramento per essere votati per amore o per forza, altrimenti tanto varrebbe rimanere a casa; e se si rimane a casa va bene lo stesso, perché i conti si fanno sui voti validi (nota veloce al riguardo: alle prossime elezioni si va tutti a votare, anche la lista della nonna, pur di non regalare le finte percentuali in grado di nascondere i numeri reali).
Sempre sulle soglie di sbarramento si potrebbe inoltre scrivere un volume di 1.000 pagine, tante sono le possibili combinazioni, bizzarre, che dal modello Renzi-Berlusconi potrebbero sorgere.
Dalla coalizione dove un solo partito al 20-30% potrebbe assicurarsi la maggioranza dei seggi; alla coalizione che supera lo sbarramento del 12% ma che potrebbe non avere al suo interno liste al di sopra del 4,5%. Per non dire, poi, del diverso peso dei voti localmente concentrati, norma salva Lega, rispetto a quelli distribuiti uniformemente su tutto il territorio nazionale; nonché il diverso peso del voto se indirizzato verso le liste coalizzate o no, con due diverse soglie di sbarramento, 4,5% ed 8%, a punire severamente l’elettorato che non si riconosce nelle coalizioni.
 
Un incredibile guazzabuglio che mette sotto i piedi la sentenza della Consulta e che si stenta a comprendere come possa essere stato preso nella pur minima considerazione.
E sì, nel ritrovarsi a commentare un simile progetto di legge, è forte l’impressione di trovarsi a “scherzi a parte”.
 
Ma non è finita qui.
Non contenti di aver introdotto soglie di sbarramento che costringeranno gli elettori a votare solo per le forze politiche maggiori, o rimanere a casa, portando in ogni caso benefici al risultato percentuale di chi ambisce al premio di maggioranza, il duo Renzi-Berlusconi ha introdotto il secondo turno nel caso nessuna lista o coalizione riesca a raggiungere la soglia del 37% dei voti validi.
Un secondo turno dove se votano solo in 5 poco importa, con tanti saluti alle soglie richieste per poter “legittimare” l’assegnazione del premio di maggioranza. Chi prende 3 voti intasca il premio.
Il tutto giustificato dalla necessità di avere un vincitore a tutti i costi ed un governo senza problemi. Una stravaganza tutta italiana, visto che neanche negli Usa, Francia e Inghilterra, i tre paesi sempre presi a modello dai fondamentalisti del maggioritario, esiste una simile certezza:
1) il democratico Obama vince ma deve fare i conti con un Congresso di diverso orientamento;
2) analoghi problemi con il semipresidenzialismo francese;
3) governi di coalizione, infine, formati dopo le elezioni, sono spesso la norma sia per la Francia che per l'Inghilterra.
 
Che senso ha, allora, discutere di 2-3 punti percentuali in più o in meno al primo turno, se poi il premio di maggioranza verrà lo stesso assegnato al ballottaggio, ma senza alcuna certezza riguardo alla sussistenza di un effettivo equilibrio tra le due diverse esigenze, governabilità e rappresentanza?
Un altro doppio trucco, utile solo per nascondere i numeri reali ed aggirare la sentenza della Consulta.
Perché non soltanto si concorre solo in due, cioè “senza concorrenti”, divenendo quindi più semplice attirare voti altrimenti insperati, ma perché non ci sarà più neanche bisogno di dover raggiungere la soglia di voti già mancata al primo turno.
Al ballottaggio votano solo in 10? Bene, vuol dire che saranno sufficienti solo 6 voti per vincere largamente con un brillante 60%.
Ciò che pertanto manca nel doppio turno dell’Italicum, è la previsione, al fine di garantire una meno scorretta rappresentazione della sovranità popolare, così come appunto indicato dalla Corte Costituzionale, di una soglia minima di voti in relazione, però, ai votanti del primo turno.
Se non si è stati in grado di ottenere tot voti nel primo turno, i soli che potrebbero permettere di acquisire il premio di maggioranza, ci si deve riuscire nel secondo, perché non può essere sufficiente arrivare primi, altrimenti, ma di quale perfezionamento della volontà degli elettori stiamo parlando?
 
Al di là, pertanto, delle giuste osservazioni circa l’esigenza di alzare ulteriormente la soglia ora fissata al 37%, se non si interviene sui meccanismi di assegnazione del premio di maggioranza al secondo turno, nonché sull’incredibile forzatura e caos determinati dalle pesanti e diversificate soglie di sbarramento, Porcellum era, Porcellum rimarrà. Anzi: qualcosa di anche peggio.
 
PS: e sulle liste bloccate, neanche una parola?
Ebbene sì, non se ne può più di sentir ripetere sempre le stesse cose, per cui va bene, si alza bandiera bianca.
Con le preferenze aumenterebbero le infiltrazioni mafiose, la corruzione, il clientelismo e il voto di scambio, tutte cose che con le primarie non succederebbero (perché, poi, mai nessuno che l’abbia spiegato).
E tutto questo malaffare, per ottenere cosa?
Per eleggere dei manigoldi che, però, non ci sarebbero se qualcuno non li candidasse.
E sì, i partiti possono candidare personaggi che puzzano di mafia, ma per il loro arrivo in Parlamento non possono esserci dubbi: tutta colpa del voto di preferenza.
 
Franco Ragusa