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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Stop Racism
Le primarie dell'Unione, infine, ci sono state, e ci hanno consegnato una larga affluenza al voto e la vittoria scontata di Romano Prodi.
Visto l'alto numero di elettori che si è presentato ai seggi allestiti dall'Unione, da più parti si sta sottolineando quale momento di vera democrazia abbia costituito questo appuntamento per il popolo di centrosinistra.
 
Addirittura, dalle pagine de "il manifesto", anche la Rossanda ha sentito il dovere di fare autocritica.
Chi scrive, sarà forse per vocazione minoritaria, un vero e proprio difetto genetico, deve purtroppo confessare la propria incapacità a capire cosa possa essere cambiato a partire dai risultati del 16 ottobre.

Certo, sapere che oltre 4 milioni di persone sentano il bisogno di manifestare la propria appartenenza politica fa piacere. Ricorda che la politica è fatta anche di passione ideale e non soltanto di freddi calcoli da amministratore di condominio.
Ma perché rimanere sorpresi di fronte ad un numero che non prova nulla?
Per altro, non dimentichiamo che in condizioni molto più difficili la stessa macchina organizzativa (che ha promosso le primarie) è normalmente in grado di organizzare treni e pulman per portare a Roma oltre un milione di manifestanti.
E' in ogni caso doveroso sottolineare l'esigenza, chiaramente emersa, della voglia di partecipazione ai momenti politici del Paese da parte un numero elevato di cittadini.
Esigenza, però, ancora una volta umiliata da meccanismi di partecipazione attraverso i quali, al cittadino comune, non rimane altra possibilità che quella di potersi contare in quanto soggetto politico.
E sì, perché il dato rilevante dell'alta partecipazione viene drammaticamente offuscato dal risultato "bulgaro" dell'affermazione di Romano Prodi.
Le primarie del 16 ottobre hanno infatti confermato, se mai ve ne fosse stato bisogno, tutta l'inutilità di una consultazione elettorale ideata e promossa ad uso e consumo del vincitore già designato.
Non hanno infatti costituito il naturale momento di chiusura di un reale confronto politico, bensì l'esatto opposto.
Sono state ideate e portate avanti con un solo obiettivo: l'affermazione elettorale di Prodi nel modo più ampio e visibile possibile in funzione dello scontro elettorale che lo vedrà opposto al candidato del centrodestra.
Le dichiarazioni dei leader del centrosinistra come Fassino o Rutelli, del resto, sono sempre state sin troppo chiare: si doveva andare a votare per dare il massimo di legittimità e forza al candidato Premier del centrosinistra.
E questo è quanto, per oltre il 74%, ha fatto il popolo di centrosinistra che il 16 ottobre si è mobilitato.
E' stato chiamato a manifestare per dare forza alla propria coalizione contro l'attuale maggioranza e lo ha fatto nell'unico modo concesso, visto che la leadership non poteva in ogni caso essere messa in discussione da candidati che non potevano ambire a più di tanto e che, quindi, conseguenza della logica maggioritaria ben presente nel meccanismo delle primarie, era bene non votare per non disperdere il proprio voto. E nelle primarie del 16 ottobre, per l'appunto, non disperdere il proprio voto significava dare forza e legittimità al candidato Premier del centrosinistra già designato.

Certamente, il risultato di Bertinotti può apparire un buon risultato.
Ma da oggi, Rifondazione Comunista, dopo aver legittimato, con la propria adesione al meccanismo delle primarie, la schiacciante vittoria di Prodi, avrà meno occasioni di reale confronto con L'Unione di quante ne avrebbe invece avute se non vi avesse partecipato. Se plebiscito doveva essere, secondo le intenzioni di chi ha creato l'appuntamento del 16 ottobre, molto meglio un Prodi lasciato competere da solo, al 100%, di un Prodi al 75% ma vincitore su Bertinotti e gli altri.
Ma chissà, forse nelle intenzioni di Bertinotti vi era proprio quella di mettersi nella condizione di non avere vie alternative: accettate le primarie, è gioco forza dover accettare anche il risultato.
Va infatti sottolineato che queste primarie nascono prima della svolta della nuova legge elettorale. Costretti all'alleanza politica a tutti i costi con l'Unione, dal sistema elettorale maggioritario dei collegi, per la leadership di Rifondazione si trattava di trovare pure il modo per far digerire il tutto alla propria base di partito ed elettorale.
E dopo che il popolo di centrosinistra si è espresso in maniera inequivocabile, come chiamarsi fuori?
Una sorta di delega in bianco scaturita dall'accettazione di una candidatura già sconfitta in partenza.

Questo è quanto è possibile leggere dai risultati delle primarie dell'Unione.
Nulla di nuovo, quindi, di quanto già scritto soltanto poche settimane fa a conclusione dell'editoriale del 4 settembre:

"L'esperienza che proviene dai paesi dove questo strumento si è affermato, del resto, non lascia adito a dubbi: tranne rarissimi risultati eccezionali che non fanno sistema, il meccanismo è tale da  avvantaggiare soltanto i partiti maggiori e meglio organizzati.
Che in Italia ci sia stata la sorpresa di Nicky Vendola in Puglia non può permettere a nessuno di farsi illusioni. Anzi, proprio a partire da questo risultato è facile prevedere macchine organizzative del consenso sempre più sofisticate e sempre più costose, con le minoranze schiacciate a mero ruolo di presenza per legittimare designazioni decise e pilotate dall'alto
."

Franco Ragusa