Gustavo Zagrebelsky è stato Giudice costituzionale dal 1995 al 2004. Anni nei quali ha certamente avuto modo di dare un importante contributo al processo di elaborazione di quei principi ai quali la Consulta si ispira in occasione dei giudizi di ammissibilità dei referendum abrogativi, con particolare riguardo ai referendum cosiddetti elettorali. Principi ormai consolidati, e su questo si può legittimamente dissentire, ma rispetto ai quali appare sorprendente sperare, tanto più se tale aspirazione proviene da un ex Giudice costituzionale, che possano essere ribaltati da una sentenza all’altra.
C'era una volta, pochi anni fa, una legge elettorale grazie alla quale potevamo scegliere i candidati e il Parlamento era un luogo dove arrivavano solo i migliori. Periodicamente si andava tutti nei seggi, consci dell'importante ruolo che, in quella sede, il Popolo sovrano era chiamato a svolgere. Erano i tempi della Seconda Repubblica, nata sulle macerie della Prima, travolta è colpita a morte da quella provvida legge elettorale per la quale ben si adattò il nome che ben presto le venne dato: "Mattarellum".
Riguardo al prossimo pronunciamento della Corte Costituzionale, circa l’ammissibilità o meno dei due quesiti referendari attraverso i quali far rivivere la precedente legge elettorale, il Mattarellum, non manca giorno che non arrivi notizia di una qualche “altra” possibilità. Si tratta di qualcosa di più di “una terza via”, in quanto ne sono emerse più d’una.
Mentre si attende il pronunciamento della Corte Costituzionale riguardo l’ammissibilità dei due referendum elettorali attraverso i quali far rivivere la precedente legge elettorale, il Mattarellum, come una bomba ad orologeria e giunto un appello firmato da ben 111 costituzionalisti, tra i quali: Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky (http://www.libertaegiustizia.it/2012/01/04/appello-dei-costituzionalisti-per-una-nuova-legge-elettorale/). Oltre ad auspicare che la Corte si pronunci per l’ammissibilità - e si tratta dell’auspicio, ripetiamolo, di ben 111 cattedratici, con tutta l’influenza che il peso di tale opinione potrebbe comportare sulla libertà di giudizio dei singoli Giudici - si rivolge l’invito al Parlamento, pur se con toni sfumati, affinché sia lui stesso a recuperare il contenuto dei quesiti referendari. L’appello si conclude, peraltro, con una sorta di preoccupazione indirettamente rivolta proprio alla Corte. Nell’evocare, infatti, il pericolo di inerzia del Parlamento, si sottolinea come “questo pericolo esiste realmente, e lo sarebbe ancora di più senza lo stimolo referendario”.
Un "bel brutto" discorso di fine anno quello del Presidente Napolitano, tanto accorato quanto elusivo. Un’enorme confusione di cause e soluzioni; e tanta pubblicità per il Governo tecnico che il Presidente Napolitano ha così fortemente voluto ed imposto, non solo ad una classe politica debosciata, ma a tutto il Paese.
Il sito del corriere.it oggi apre con una notizia inquietante: Statali, la truffa del doppio lavoro. Dopo tassisti e farmacisti, considerati e definiti i veri colpevoli del mancato rilancio dell'economia in Italia, ecco quindi trovato un altro mostro da sbattere in prima pagina, prima di ogni altra notizia, prima ancora dello spread che continua a salire e i tassi di interesse sui titoli decennali arrivati al 7%. Ebbene sì, il nuovo nemico da battere e sul quale concentrare l'attenzione non è la constatazione che tra qualche mese ci verrà propinata un'altra manovra finanziaria per tappare il buco che viene continuamente creato dagli alti tassi di interesse che si pagano sul debito pubblico, bensì i casi di violazione accertati nell'ambito dei dipendenti pubblici.
"Con il Governo Monti non c'è stato nessuno strappo costituzionale", ha chiosato il Presidente Napolitano. Anzi, era suo "preciso dovere istituzionale" evitare lo scioglimento delle Camere e il ricorso alle urne. Un passaggio che contraddice l'altro, come si può ben vedere, a fugare gli ultimi dubbi circa il ruolo da Repubblica presidenziale svolto da Napolitano, con quell'auto attribuirsi come un "preciso dovere istituzionale" l'evitare che fosse il Paese, e non i suoi desiderata, ad individuare tempi e modi della soluzione per la crisi nella quale le inutili politiche di continui tagli degli ultimi anni ci hanno trascinato. Una chiave di lettura quanto mai originale dei poteri costituzionali affidati sì al Presidente della Repubblica, ma in un contesto nel quale il ruolo di custode e garante della Costizione non è quello di dare corpo alle proprie personali convinzioni e ambizioni, forzando in una direzione o nell'altra l'esito delle legislature. E' dai tempi di Prodi che Napolitano dà indicazioni circa la retta via da seguire, con pressioni sul come e il dover fare che, nel caso appunto del Governo Prodi, finirono per incrinare sin da subito i rapporti di coalizione.
I continui tagli all'editoria e le ultime iniziative del Governo Berlusconi, riconfermate anche dal Governo Monti, hanno prodotto una prima vittima. Senza certezze riguardo al finanziamento pubblico per i giornali cooperativi, di idee e di partito, dal primo gennaio 2012 Liberazione non sarà più in edicola.
Questo il risultato di un'assurda campagna contro gli sprechi che non fa distinzione tra privilegi e libertà da tutelare.
"Trovati da solo chi ti finanzia, altrimenti è giusto che tu chiuda", questo, in sostanza, il messaggio sdegnato che per anni è stato urlato a destra come a sinistra e dal "siamo altro" Beppe Grillo.
Ricapitolando: l'Italia ha un debito pubblico di circa 1.900 miliardi di euro che, diviso per tutti gli abitanti, fa un debito pro capite di oltre 30.000 euro. In tutto questo, e con l'approvazione dell'ennesima manovra finanziaria lacrime e sangue, con i ceti medio-bassi a farsi carico dell'onere, il diversivo che è riuscito a tenerci impegnati negli ultimi giorni sono state le lobby dei farmacisti e dei tassisti. Centri di potere infernali in grado di bloccare le importanti riforme liberali che potrebbero finalmente far ripartire l'economia. Sì, avete capito bene, con oltre 30.000 euro di debito a testa, basta avere per nemici 4 farmacisti e 4 tassisti per farci perdere di vista la reale misura delle cose e dei problemi da risolvere.
Portare gli stipendi dei parlamentari italiani alla media europea, è questo l'ultimo diversivo intorno al quale si sta scatenando l'ira popolare. C'è una manovra lacrime e sangue che ricadrà per intero sui ceti medio-bassi, e questi che fanno? Anziché tenere alto il livello di contrapposizione nei confronti dei contenuti e le finalità politiche della stangata che sta per abbattersi su di loro, sembrano far prevalere la soddisfazione per il contentino che potrebbe arrivare dall'abbattimento dei costi della politica. Anzi, che si approfitti della presenza dei "tecnici" al Governo per risolvere questo spinoso problema, e poi sì, sarà più facile fare sacrifici in nome dell'equità. Vi fosse anche solo, quindi, la necessità di mantenere alta l'attenzione sull'operato del Governo Monti, già questo sarebbe più che sufficiente per correre il rischio di divenire impopolari, proponendo un minimo di riflessione riguardo a quel malessere diffuso per cui anche la normale vita istituzionale, a tutti i livelli di Governo, viene oggi vissuta e subita come un inutile costo della politica.
Di nuovo in evidenza dopo la decisione della Consulta che ha bocciato la riforma del Governo Monti Grazie al decreto legge salva Italia del Governo Monti, ci siamo finalmente liberati delle Province. Dopo anni nei quali la parola d’ordine è stata “efficienza=azione di governo il più vicino possibile ai cittadini”, ha prevalso la visione economicista di chi, invece, ha individuato nelle Province un inutile costo della politica. Senza quindi cambiare la Costituzione, abbiamo scoperto, grazie alla sagacia del Governo tecnico targato Monti, che un Ente territoriale, ampiamente previsto dalla Costituzione e probabilmente più utile delle Regioni, la Provincia, può essere sottoposto a “mobbing” con un semplice decreto legge. Uno strumento nelle mani del Governo che, ricordiamolo, può essere utilizzato solo in casi di necessità ed urgenza. E già su questo punto ci sarebbe da riflettere.
Con Berlusconi avevamo gli snob che facevano l'opposizione di sinistra, ora, con Monti, solo gli snob. Questa, in sostanza, la differenza maggiormente percepibile nel dopo Berlusconi.
Abbiamo Ministri che piangono mentre ci comunicano che stanno facendo cassa raschiando anche sulle pensioni da fame, e tanto basta per commuoverci tutti insieme. Diamine, vuoi mettere la differenza di stile con il precedente Governo?!