Dal Blog di Grillo è infine arrivata la conferma che il Movimento 5 Stelle procederà con la richiesta di messa in stato di accusa del Presidente Napolitano.
Facile immaginare una pronta reazione di quanti si ergeranno a difesa della figura e del ruolo svolto dal Presidente.
A modesto parere di chi scrive, invece, se c'è da dolersi di fronte a questo tipo di iniziativa, è il ritardo con la quale giunge.
Ma come si dice: meglio tardi che mai. Servirà in ogni caso per aprire una seria discussione in grado di coinvolgere anche l'opinione pubblica circa l'effettivo ruolo che la Costituzione affida al Presidente della Repubblica.
Finanziamento pubblico ad partitum, questo, in sintesi, è quanto ha deciso di realizzare il Governo Letta.
A pagare, infatti, non saranno soltanto i privati che potranno permettersi di finanziare largamente questa o quella forza politica, bensì tutti i contribuenti.
Si tratta, peraltro, di una storia vecchia e rispetto alla quale gli elettori hanno già avuto modo di dire la loro con un referendum. Non nel 1993, bensì nel 2000.
Sì, non c'è dubbio, ormai lo sanno pure i sassi: nel 1993 il popolo si è pronunciato per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti e per una legge elettorale prevalentemente maggioritaria.
I sassi dovrebbero pure sapere, però, che da allora sono passati ben 20 anni e che, in questi 20 anni, sono successe tante cose e che, soprattutto, il corpo elettorale non è più lo stesso: gli elettori dai 18 ai 37 anni all'epoca non votavano. Che c'azzecca? C'azzecca, c'azzecca.
Alla luce delle ultime esternazioni del Presidente Napolitano riguardo al come il Parlamento dovrebbe mettere mano alla legge elettorale, ribadendo il superamento del proporzionale, è forse giunta l'ora che qualcuno ricordi al Presidente i suoi doveri, primo fra tutti, quello di essere al servizio della Costituzione.
Un compito molto delicato che non ha nulla a che vedere con l'equidistanza con le forze politiche o un interventismo dalla frequenza asfissiante.
Il sito lavoce.info sta pompando come non mai un articolo che svela i costi della Corte Costituzionale italiana.
Un approfondimento che non va al di là dell'approccio scandalistico e che, nel mettere a confronto realtà diverse (l'Inghilterra, ad esempio, non ha una carta costituzionale e la sua Corte suprema è di recente istituzione), non fornisce alcun dato circa le eventuali differenze di competenze e carichi di lavoro.
Forse è solo un caso, ma è bene riflettere sulle coincidenze: questa sorta di attacco da parte dell'intellighenzia cosiddetta "progressista" arriva poche settimane prima il pronunciamento della Consulta sul Porcellum.
Alla fin fine, non tutti i mali potrebbero giungere per nuocere.
Da un lato, è sin troppo evidente, siamo di fronte ad una crisi politico-istituzionale determinata dai problemi privatissimi di un signore che da circa trent'anni, i decreti TV ad opera del Governo Craxi sono del 1984, può godere del potere di controllare e condizionare una buona fetta del Parlamento; dall'altro lato, però, forse sarà soltanto grazie a dei miseri interessi di bottega se, a giochi ormai fatti, si arriverà a porre un freno alla fase de-costituente che ha preso l'avvio con la rielezione vincolata del Presidente Napolitano.
Anzi no, è il caso di essere più precisi: non vedo, non sento, ma grazie al Presidente Napolitano conto!
Questa, in sintesi, l'inattaccabile difesa che ha consentito al Ministro Alfano di superare la mozione di sfiducia per la vergognosa vicenda con la quale, parole del Sen. Chiti, “Nel nostro Paese sono stati calpestati i diritti umani fondamentali, tutelati dalla Costituzione, da norme e da convenzioni internazionali. Alma Shalabayeva e sua figlia Alua, una bambina di sei anni, sono state pretese dalle autorità del Kazakistan per farne ostaggio e condizionare l'attività di una opposizione al regime dittatoriale. Il nostro Paese le ha consegnate”.
Ma per l'appunto, il Ministro Alfano non si è accorto di nulla.
In una qualsiasi azienda ciò sarebbe stato più che sufficiente per deciderne l'immediata rimozione a male parole: Non ti sei accorto di nulla e hai pure la faccia tosta di rivendicare questa grave lacuna, nella catena di comando di cui sei a capo, come elemento a tua discolpa?
Certo, c'è anche il caso, però, che l'ignavo in questione possa essere una persona inamovibile.
Siamo alle solite. La Cassazione decide di sollevare la questione di costituzionalità della legge elettorale, inviando gli atti alla Consulta, ma di approfondire le conseguenze che, logicamente, da questa decisione dovrebbero discendere, non se ne parla proprio.
Di fatto siamo già alla “mezza notizia”, utile solo per sostenere, con buona pace dell’interesse dei cittadini, i soliti interessi di parte: se la legge elettorale potrebbe essere incostituzionale, la si cambia senza neanche attendere la Consulta e il problema non c’è più.
Per cui, anziché prendere atto che l’attuale Parlamento potrebbe essere il frutto di una legge elettorale incostituzionale, quindi scarsamente legittimato ad intervenire su “questioni di sistema”, è iniziata la gara per affrettare i tempi: e quale miglior soluzione se non quella di ritornare, come chiedevano i firmatari del referendum non ammesso dalla Consulta lo scorso anno, alla precedente legge elettorale, il Mattarellum? Senza il 25% di quota proporzionale, poi, sarebbe anche meglio.
In primo luogo una premessa, o meglio, una premessa utile a chi scrive per cercare di distinguersi dal facile coro.
Negli ultimi due mesi è notevolmente aumentata l'enfasi con la quale si parla dei mandati elettorali ricevuti dai cittadini, vuoi perché da alcuni ritenuti rigorosamente rispettati, vuoi perché per altri ne è stato invece denunciato il palesemente tradimento.
Se UNO vale UNO, come da Costituzione, chiunque dica di parlare a nome dei Cittadini, faccia la cortesia di sottrarre il mio nome: i Cittadini meno UNO!
Per parlare a mio nome si deve avere in mano un atto legale da me sottoscritto o, quanto meno, aver ottenuto il 100% dei voti in occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento.
Tenuto quindi conto che l’esercizio del diritto di voto è segreto, chiunque prenda un voto in meno del 100%, se non esplicitamente autorizzato a farlo, non può e non deve arrogarsi il diritto di parlare anche a nome del Cittadino-Elettore Franco Ragusa.
A prescindere dal modo con il quale il Movimento 5 Stelle è infine arrivato a proporre il nome di Stefano Rodotà, le sin troppo nebulose quirinarie, tutto ciò non può e non deve divenire il pretesto per evitare di discutere "la proposta".
Il Movimento 5 Stelle, piaccia o no, è una forza politica che oggi gode del consenso di oltre 8 milioni di elettori.
Un risultato elettorale che gli ha attribuito 163 grandi elettori e che gli dà tutto il diritto, al pari delle altre forze politiche, di proporre un nome per la Presidenza della Repubblica; cosa che ha fatto, peraltro, attingendo da un'area politico-culturale non propriamente "grillina".
Giudizio a freddo: l'intervista rilasciata da Milena Gabanelli a Ballarò, dopo l'annuncio dell'esito delle Quirinarie svolte dal Movimento 5 Stelle, è stato qualcosa di molto imbarazzante.
Ritrovarsi candidati da una forza politica per ricoprire la carica di Presidente della Repubblica è certamente lusinghiero. Ma da una giornalista che fa inchiesta "con i numeri", numeri che sa usare molto bene, ci si sarebbe aspettato, quanto meno, un approccio più serio e coerente con i "numeri reali".