È una storia ormai sin troppo vecchia e dibattuta: se determinati ruoli di rappresentanza e di governo non possono essere ricoperti da tutti i cittadini, ma solo da alcune figure sociali particolari, questa cosa si chiama Casta.
Non a caso, anche la nostra Costituzione dice chiaramente che "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." (art. 3)
Scattato il divieto dei sondaggi, è finalmente venuto meno il balletto delle percentuali che sino a ieri l’altro ha contribuito ad alimentare il dibattito sul peso del voto “inutile”, di quel voto, cioè, che milioni di elettori “sconsiderati” potrebbero esprimere per l’ovvio e più che legittimo desiderio di inviare in Parlamento chi meglio potrebbe rappresentarli, senza con ciò preoccuparsi troppo su quale dei due, tra Bersani o Berlusconi, potrebbe riuscire ad ottenere il ricco premio di seggi che il Porcellum, neanche si trattasse di noccioline, è in grado di regalare.
Un esercito di elettori considerati “inutili” solo da chi, ovviamente, ha ben poco da offrire per il futuro e che sa solo contrapporre il timore della vittoria degli altri.
Secondo la classifica sulla libertà di stampa stilata da “Reporter Sans Frontieres”, l’Italia occupa un’imbarazzante 57° posto. Grido di allarme, ovviamente, sulla diffamazione non ancora depenalizzata e sui continui e pericolosi tentativi di introdurre leggi bavaglio.
Ma al di là dei problemi di tipo legislativo, non ci è possibile sapere, però, se e quanto questa classifica sia in parte determinata da quello che potremmo definire l’auto-bavaglio. Se e quanto, cioè, l’informazione in Italia sia libera anche e soprattutto dalle ingerenze politiche ed economiche, ma anche e soprattutto dal desiderio dei mezzi di informazione di inseguire solo facili scoop.
In tal senso, forse la posizione attribuita all’Italia, di per sé già imbarazzante, potrebbe rivelarsi sin troppo generosa.
Scusi Ingroia se non ci si rivolge direttamente a lui, ma uno dei motivi di difficoltà nei confronti di Rivoluzione Civile, prima ancora della lettura del programma, è proprio lo strabordare della sua presenza e del suo nome.
Nulla di personale, sia chiaro, anche se ci sarebbe molto da dire su alcune sue infelici equazioni, rivolte al Movimento 5 Stelle, su voglia di Governo e candidature Premier, in grado solo di fornire altro carburante alla deriva maggioritaria e leaderistica che ha sin troppo inquinato e corrotto la vita politico-istituzionale di questo paese.
Molto semplicemente, di “Io sto con Tizio” o di “Io sto con Caio” non se ne può veramente più.
Un peccato d’origine molto difficile da dover digerire, ed è solo per i brutti tempi che viviamo, altrove non va meglio, che s'impone un tentativo di comprensione sui contenuti della proposta politica.
Sia quindi benvenuto il tanto atteso programma, non ancora diffuso ufficialmente, ma ormai ampiamente disponibile sui social network:
Di fronte alla sfida di Berlusconi, che si dichiara pronto ad incontrare quello che considera il suo unico avversario, Bersani risponde che lui accetta confronti solo con chi si candida Premier.
D’un colpo solo siamo tornati al 1994, a quel PDS che, snobbando in maniera aristocratica l’avversario, alla fine dovette ricredersi perché sconfitto.
La risposta di Bersani, va detto, ha un suo “non so che”. Nel chiedere il confronto con i soli candidati Premier ha infatti messo in evidenza i problemi di Berlusconi con i suoi alleati, in modo particolare la Lega.
Ma in quanti hanno capito la finezza? Ma soprattutto, a quanti importa?
Ebbene sì, Berlusconi che scende nell’arena di Servizio Pubblico non capita tutti i giorni. Per questo, i presupposti per un bell’editoriale c'erano tutti.
Ma non per mettere a confronto, come in un incontro di boxe, i punti messi a segno da questo o da quel contendente.
Per fare ciò sarebbe stato sufficiente rimanere comodamente seduti a casa, con un bel quadernino dove appuntare i punti a favore e a sfavore.
No, interessava ben altro. Interessava “annusare” da vicino le reazioni di un pubblico per lo più schierato contro il Cavaliere.
dopo aver letto il suo primo editoriale sulla rinata Liberazione online, comunque la si pensi, in primo luogo auguri per questa ripartenza.
Andando però al nocciolo delle questioni, moltissime e motivatissime perplessità per quanto riguarda, invece, l'avventura di Rifondazione Comunista con la lista Rivoluzione Civile.
In primo luogo l'eccesso di personalizzazione con il quale questa nuova "offerta elettorale" è nata, un eccesso peraltro ben rappresentato da un nome sul simbolo che, vado a memoria, non dovrebbe avere precedenti in quanto ad esagerazione grafica.
Ma poi la domanda delle domande: perché, come, quando e da chi è stato scelto Ingroia?
Rimangono inoltre irrisolte molte ambiguità sulle quali, evidentemente, esigenze di coalizione impongono di soprassedere.
Cosa potrebbe ad esempio accadere nel caso servissero i voti decisivi di Rivoluzione Civile per far nascere un Governo a guida Bersani?
E così, dopo le parlamentarie del Movimento 5 Stelle e quelle appena svolte dal PD e da SEL, possiamo finalmente ragionare avendo tra le mani qualcosa di più concreto. Ci sono i numeri e tre diverse esperienze dalle quali poter trarre insegnamento.
Se fosse possibile cambiare domani stesso il Porcellum, togliendo l'assurdo premio di maggioranza, ci sarebbe solo da festeggiare per la conquista di un esercizio del diritto di voto pieno, senza condizionamenti e trucchi contabili, dove, cioè, nessun voto potrebbe valere più di altri: una testa, un voto, e fine della porcata!
La scorsa settimana abbiamo avuto un sondaggio di Renato Mannheimer con risultato a sorpresa: “Premio di maggioranza, no da un italiano su due”. Certo, potrebbe trattarsi di un caso di volubilità temporanea. Ma forse no, non si tratta di un caso sporadico, ma di una convinzione via via consolidatasi negli ultimi anni. Secondo un vecchio sondaggio di Repubblica, infatti, nel settembre 2010 il 41% era favorevole ad un sistema proporzionale con sbarramento sul modello tedesco. Valessero questi dati così come in genere ci vengono proposti per convincerci sulle cose da fare, il come modificare la legge elettorale sarebbe cosa fatta. E invece no!
Nuova legge elettorale sì, nuova legge elettorale no? Questo il dilemma. Sino a ieri la volevano cambiare tutti; oggi, come la giri la giri, c’è sempre qualcuno che può perderci qualcosa. Il nodo della discordia, l’assurdo premio di maggioranza che, in una situazione così frammentata, sta iniziando a far tremare le gambe anche ai fondamentalisti della governabilità a tutti i costi. Ebbene sì, il quadro politico è mutato a tal punto che una coalizione o una forza politica intorno al 25% potrebbe fare “asso piglia tutto”.
Il Conflitto di attribuzione, sollevato dal Presidente Napolitano nei confronti della Procura di Palermo, continua ad alimentare, a distanza di giorni, un dibattito nel quale le questioni di diritto sembrano sfuggire di mano, in particolare per i toni utilizzati, anche ai più autorevoli esperti della materia; in ultimo un durissimo intervento di Gianni Ferrara su “il manifesto” di oggi. La stima e il rispetto dovuto per l’illustre costituzionalista impongono, ovviamente, le dovute cautele, ma non ci si può esimere dal rispondere di fronte al duro giudizio espresso dal Professore nei confronti di tutti coloro che hanno ritenuto non opportuna o infondata l’iniziativa promossa dal Presidente Napolitano. Il Prof. Ferrara conclude affermando, infatti, che disconoscere le ragioni del conflitto sollevato “è segno di grave nonchalance dei diritti inviolabili da parte di qualche magistrato. In altri rivela ignoranza o malafede o un intento eversivo. Comunque non è prova di "virtù repubblicane". ”