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Redazione di una nuova proposta  di legge sulla democrazia sindacale

All’incontro del 28 febbraio organizzato dall’Associazione per la Democrazia Costituzionale su richiesta del Forum Diritti/Lavoro, hanno partecipato  19 persone (costituzionalisti, giuslavoristi, sindacalisti, magistrati del lavoro, rappresentanti di forze politiche e di associazioni).
 
La riunione è stata introdotta da Franco Russo che ha illustrato il tema dell’incontro ovverosia un confronto attorno agli 11 punti enucleati dal Forum Diritti Lavoro a seguito di due assemblee pubbliche (a Roma del 18 novembre il giorno precedente allo slittamento a data da destinarsi delle lezioni nel pubblico impiego e a Torino del 12 gennaio il giorno precedente al referendum sull’accordo Fiat) per la redazione di una nuova proposta  di legge sulla democrazia sindacale. In particolare è stata sottolineata l’assoluta necessità  che la democrazia smetta di venire utilizzata come bandiera identitaria e si trasformi in un proposta politica e culturale nel paese che sappia attrarre le migliori forze ed intelligenze.  E quindi ha tracciato l’ambizione  non (o non solo) di scrivere una legge migliore rispetto a quelle attualmente in circolazione  ma di mettere in atto un percorso nuovo che sappia far tesoro di esse ma al contempo includere invece di essere utilizzata per reciproci posizionamenti.  

È intervenuto Arturo Salerni che ha brevemente illustrato gli 11 punti che si riportano a seguire:
1) Misurazione della effettiva rappresentatività delle diverse sigle ed aggregazioni sindacali con riguardo sia al singolo posto di lavoro o alla singola azienda sia all’intera categoria o all’intero comparto contrattuale (eventualmente utilizzando il dato medio tra risultati “elettorali” e dati associativi – ovvero tra consensi ricevuti per la nomina delle Rappresentanze Sindacali Elettive e le deleghe alla riscossione del contributo sindacale).
2) Definizione di percorsi trasparenti e certificabili per la misurazione del dato elettorale e della consistenza associativa.
3) Ottenimento del requisito della sufficiente rappresentatività nell’ambito di riferimento (aziendale, di comparto o di categoria) con il superamento di una soglia significativa  e raggiungibile.
4) Previsione di una scheda per esprimere il consenso in favore delle aggregazioni sindacali sul piano nazionale.
5) Elezione di rappresentanze sindacali interaziendali e/o territoriali con riguardo alle aziende che occupano meno di quindici dipendenti.
6) Diritto di voto anche per tutti i lavoratori con contratto a termine;
7) Partecipazione alle trattative sindacali – nei diversi livelli di contrattazione – degli organismi sindacali elettivi e delle OO.SS. rappresentative.
8) Stipulazione dei contratti collettivi di lavoro ai diversi livelli di negoziazione con la sottoscrizione delle organizzazioni sindacali in possesso nel loro insieme di almeno il 51 per cento di rappresentatività.
9) Sottoposizione degli accordi, attraverso il referendum, al vaglio dei lavoratori interessati quale condizione di validazione degli stessi.
10) Previsione di diritti sindacali “onerosi” (permessi e distacchi) collegati al requisito del raggiungimento della soglia di rappresentatività, in base al principio che la libertà sindacale non può divenire una variabile dipendente del processo negoziale e degli accordi contrattuali eventualmente sottoscritti.
11) Previsione di diritti sindacali “non onerosi” (bacheche, diritto di informazione, assemblee, riscossione attraverso delega dei lavoratori che lo richiedono dei contributi sindacali, possibilità di partecipare con pieni strumenti alle “campagne elettorali” per la nomina delle rappresentanze elettive) per tutte le organizzazioni sindacali indipendentemente dal loro grado di rappresentatività, anche al fine di predisporre un meccanismo elettorale democratico che garantisca la libera competizione tra le liste elettorali.

Ha quindi preso la parola Carlo Guglielmi che ha illustrato alcuni tra i nodi concettuali da affrontare ponendo i seguenti quesiti:
1. Elettivo ed unitario sono sinonimi? E, dato che non lo sono, la unitarietà è un obiettivo finale o una condizione di partenza necessaria?
2. Le delegazioni che trattano ai livelli superiori al primo devono essere di promanazione sindacale tenendo conto del dato ponderato tra iscritti e voti ricevuti nelle elezioni aziendali? devono essere di diretta ed esclusiva promanazione dei delegati aziendali eletti (comunque con quote di riserva per ciascuna organizzazione che abbia raggiunto una determinata soglia di rappresentatività)? o invero i lavoratori devono essere chiamati a scegliere anche tali delegazioni unitamente a quella aziendale? o infine deve risultare dal combinato di tali criteri tra loro?
3. I contratti collettivi possono essere firmati solo dalla maggioranza dei rappresentanti (eletti o nominati)? oppure sono possibili anche accordi di minoranza purché successivamente validati dal referendum con maggioranza qualificata?
4. Il referendum è necessario sempre? solo per le parti ablative di diritti dei lavoratori? solo se stipulato da coalizioni di organizzazioni sindacali non maggioritarie? solo quando viene richiesto da un numero qualificato di lavoratori interessati?
5. È necessario o no anche un preventivo mandato a contrarre democraticamente espresso dai lavoratori in assemblea?
6. È necessario o meno distinguere a seconda del livello, essendo ad esempio accettabile ipotizzare che a livello aziendale sia sufficiente garanzia quello di prevedere la sottoponibilità eventuale a referendum degli accordi su richiesta di una certa percentuale di lavoratori (ad es. 15%), mentre il medesimo numero per accordi sovra aziendali potrebbe costituire un quorum di difficilissimo raggiungimento essendo allora opportuno prevedere sempre la validazione referendaria? Ed ugualmente per quanto attiene al previo mandato è opportuno ipotizzare – ad esempio -  la sua necessità per gli accordi aziendali e la sua eventualità per quelli sovra aziendali?
7. È opportuno o necessario normare, quale istituto di democrazia diretta, i poteri dell’assemblea dei lavoratori come ente separato e primario rispetto sia alle organizzazioni sindacali che ai rappresentanti eletti?
8. Ed infine come fare ad evitare che la contropartita alla democrazia sindacale sia un’ulteriore stretta sul conflitto collettivo con la sottoposizione al meccanismo maggioritario anche dello sciopero?
rappresentando come su questi temi il Forum Diritti/Lavoro vuole, utilizzando l’open method of coordination, costruire un percorso di scrittura allargata ed inclusiva della legge. L’obiettivo è di redigere un testo entro aprile, da presentare poi  in incontri pubblici capaci di mobilitare forze sindacali, sociali e politiche in una campagna per la rappresentanza democratica dei/delle lavoratori e lavoratrici, utilizzando  se possibile  anche la scadenza di “Genova 2001 – 2011 Loro la Crisi, Noi la Speranza”.

È intervenuto Tiziano Rinaldini:
1. Ha manifestato il suo accordo sostanziale con gli 11 punti, ha invitato a riflettere sulla progressiva modificazione delle modalità,  della platea di riferimento e delle ragioni della affiliazione  alle organizzazioni sindacali confederali (con particolare riferimento alla Cisl), che sempre più hanno costruito la tessera come carta di servizi del cittadino, rilevando pertanto la necessità in termini di democrazia sindacale di dare l’assoluta prevalenza al dato elettivo su quello associativo.
2. Ha invitato a valorizzare non solo il voto a posteriori sull’accordo (comunque sempre necessario) ma anche preventivo sul mandato a trattare;  e ciò in quanto il voto sulle piattaforme contrapposte consente una scelta tra proposte e percorsi diversi e non solo tra il poco che dà l’accordo e il niente della sua bocciatura;
3. Ha convenuto sull’assoluta urgenza di una mobilitazione sulla democrazia sindacale individuandola come terreno di imminente ulteriore attacco  governativo, datoriale e delle organizzazioni sindacali “complici”;
4. Ha invitato a pensare ad una politica del diritto che sappia capovolgere anche i diritti collettivi trovandone il soggetto primo nel lavoratore e non nell’organizzazione sindacale, che deve tornare ad essere fondamentale e tutelato ente intermedio di rappresentanza dei lavoratori in carne ed ossa e non già istituto portatore di istanze astratte ed autoreferenziali, e ciò all’interno di un complessivo ripensamento  della persona che lavora da porre al centro del diritto del lavoro e di quello costituzionale;
5. Ha invitato infine a collegare tale iniziativa ad un più ampio percorso europeo;

Ha preso la Parola Sergio Mattone che
1.  Ha apprezzato l’asciuttezza degli 11 punti ponendo particolare attenzione alle proposte CGIL e a quelle depositate in parlamento del centrosinistra, evidenziando come le stesse c- on rinvii a criteri astratti e all’iniziativa delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative o all’impulso del Ministro del Lavoro - rischiano di essere proposte non esigibili dai lavoratori e stravolgibili dalla prassi; ed ha invitato quindi ad una stesura capace di evitare detto rischio.
2. Ha invitato a chiarire meglio le soglie sia per la presentazione di liste per la rappresentanza elettiva aziendale sia per quella nazionale;
3. Ha invitato altresì ad immaginare meccanismi di adeguamento delle platee referendarie, evidenziando come molti accordi prevedano come sacrifici anche pesantissimi vengano sopportati da un'unica categoria di lavoratori (ad esempio i precari invece che i fissi, gli operai invece che gli impiegati ecc.) ma rispetto ai quali vengano chiamate alla validazione anche le categorie estranee al sacrificio richiesto da cui un inquinamento del meccanismo democratico;
4. Ha poi espresso non condivisione rispetto ad alcuni recenti orientamenti di cassazione in termini di limitazione delle legittimazione ad agire ex art. 28 invitando ad inserire nella normativa una specifica previsione che meglio chiarisca da un lato la non sovrapponibilità del concetto di “nazionalità” con quello di essere sottoscrittori di contratti e dall’altro estenda il diritto ad agire ex art. 28 anche alla rappresentanze sindacali elettive a prescindere dal consenso delle organizzazioni sindacali nelle cui liste i rappresentanti siano stati eventualmente eletti;

È intervenuto Gaetano Azzariti esponendo come
1. Molti articoli della costituzione sono rimasti inattuati ma il 39 è l’unico per cui tale in attuazione è esplicita;
2. I motivi che storicamente hanno spinto per la inattuazione dell’art. 39, ovverosia il timore che il controllo dell’esecutivo sulle organizzazioni sindacali avrebbe potuto flettere la missione di autonoma rappresentanza delle ragioni del lavoro dei sindacati, oggi si sono tramutate nel proprio opposto essendo invece la trasparenza e certificabilità dell’agire sindacale presidio contro la torsione corporativa che esso sta subendo;
3.  Procedere ad una legge di attuazione dell’art. 39 altresì renderebbe palese come la battaglia per la democrazia sindacale sia una battaglia per la democrazia tout court, e la conclamata crisi della rappresentanza sindacale sia la stessa di quella politica e sociale, e  da tutte occorre uscirne con l’attuazione ed il rilancio del disegno costituzionale;
4. Ed infine come non vada dimenticato che l’art. 39 fa esplicito riferimento al primo livello di contrattazione (o, quantomeno, anche al primo livello), essendo quindi la sua attuazione un presidio a tutela del contratto collettivo nazionale e contro la sua balcanizzazione a livello aziendale;

È intervenuto Fabrizio Tomasselli, che
1. Ha rappresentato come il referendum, sempre necessario, non sia certo bastevole dovendosi necessariamente partire prima che dagli accordi (punto finale del processo di contrattazione)  dalle stesse regole di agibilità sindacale e di diritto all’informazione e alla consultazione in sede aziendale;
2. Ha ricordato come non sia possibile alcuna democrazia sindacale che non parta dalla parità delle armi tra i soggetti chiamati a concorrere alle elezioni, traducendosi altrimenti ogni proposta sulla democrazia semplicemente in un meccanismo di ripartizione della rappresentanza tra le maggiori organizzazioni confederali;
3. Ha invitato a predisporre previsioni che impediscano il ricorso a referendum su diritti indisponibili, nonché a valutare se sia possibile evitare allargamenti impropri delle platee referendarie giustificati dal solo fine di annacquare le ragioni di  gruppi organizzati di lavoratori che vengono mescolati ad altri del tutto eterogenei da cui l’inquinamento della possibilità stessa di esercizio di strumenti di democrazia diretta;

È intervenuto Pier Luigi Panici che
1. Ha rappresentato come la vicenda Fiat sia paradigmatica, trattandosi di una complessa ed onerosa operazione societaria realizzato all’unico ed esclusivo scopo di escludere le organizzazioni sindacali dissenzienti (e tra esse quelle maggiormente rappresentativa, cioè la Fiom), il cui potenziale effetto domino è evidente e assai rischioso;
2. Ha quindi concordato con Azzariti sulla necessità di affrontare meccanismi di   riconoscimento della personalità delle organizzazioni sindacali essendo inaccettabile che ad esse – quali soggetti privi di riconoscimento e di qualsivoglia controllo pubblicistico sulla loro stessa effettiva organizzazione democratica – siano rimesse dal legislatore decine di deleghe in bianco sull’attuazione di pressoché tutti gli istituti della precarietà;

Franco  Ragusa
1. Ha apprezzato che tra gli 11 punti vi fosse anche l’estensione del diritto di elettorato anche ai precari in forza sul posto di lavoro ma ha rappresentato come per particolari attività intermittenti (ad esempio nel campo dello spettacolo) la natura transitoria e breve della stessa attività d’azienda necessiti di strumenti di democrazia ad hoc;
2. Ha rappresentato come in mancanza di ciò la democrazia possa essere percepita come un lusso da una platea rilevante di lavoratori da essa esclusi;

È infine intervenuto Pietro Adami che ha evidenziato il rischio insito nel rendere un “feticcio” il referendum ricordando come
1. Spesso può essere lo stesso datore ad imporre il referendum come ricatto, e la “santificazione” del suo esito potrebbe condurre ad un’impasse nella successiva lotta per il superamento dell’accordo e la sua rinegoziazione;
2. In ogni caso la bocciatura referendaria di un accordo pone una questione sul “dopo” a cui occorre iniziare a pensare come dare risposta.
 
Ha concluso la riunione Gianni Ferrara richiamando le difficoltà di intervenire, data la situazione dei ‘rapporti di forza’, sull’art.39 Cost., che implicherebbe anche una forte capacità di rispondere alla controffensiva in atto sull’art.41.
La questione della rappresentanza pone il problema non solo della verifica della rappresentatività ‘a valle’, ma anche nelle fasi di elaborazione-predisposizione-preparazione della piattaforma, con il conseguente mandato a trattare. Quindi si pone il problema di ‘proceduralizzare’ questa fase iniziale da cui dipende la qualità e la legittimità della trattativa e dei suoi soggetti, e i modi della sua validazione finale. Molti problemi nascono anche da questa mancata sistemazione delle fasi che precedono la trattativa vera e propria. A suo avviso la riunione è stata di grande interesse e di sicura utilità, tanto che ha proposto di tenere uno stretto legame con il Forum Diritti/lavoro e con gli/le esponenti delle altre associazioni e dei sindacati, perché questo ‘spazio di riflessione’ serva anche per le fasi successive finalizzate alla stesura della proposta di legge. Ha per questo avanzato un time-table ponendo come limite la fine di marzo per discutere la bozza, che potrebbe poi essere affinata in ulteriori appuntamenti seguendo un metodo di lavoro aperto e inclusivo. La proposta è stata accettata, così come i tempi di lavoro, che dovrebbero consentire di avere l’elaborato finale entro aprile, secondo quanto detto anche da Carlo Guglielmi.

(a cura di Carlo Guglielmi, in collaborazione con Franco Russo)

1 marzo 2011