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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Stop Racism
Ultimo aggiornamento (altri articoli indicati): 23 marzo 2008, ore 00.10
Da più parti arriva la richiesta di un riscontro di legge puntuale circa la possibilità di non ritirare o restituire le schede elettorali, con conseguente verbalizzazione dei motivi del rifiuto o della restituzione.
Il dubbio è che, in assenza di una previsione normativa chiara, i Presidenti di seggio potrebbero facilmente mettere in difficoltà chi volesse portare avanti questo tipo d'iniziativa.

(sull'argomento, vedi anche: Un Presidente di seggio ribadisce ... - Un Presidente di seggio ... diritto di replica)

Di fronte ad una simile difficoltà si potrebbe agevolmente rispondere con una richiesta analoga per il motivo opposto: dove sta scritto che all'elettore è fatto divieto di restituire la scheda e l'impossibilità, quindi, di esigere la verbalizzazione dei motivi del gesto, protesta, come previsto dall'art. 104 comma 5, del Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 e successive modifiche ?
Neanche questo sta scritto da alcuna parte.
Gli articoli 58 e 62, ad oggi gli unici ad essere citati per contestare la possilità della restituzione delle schede, non fanno altro che individuare i requisiti affinché il voto sia valido. Se l'elettore va in cabina, vota e non mostra a nessuno il voto espresso, la sua scheda finisce nell'urna, altrimenti viene annullata. Non risultano per altro conseguenze per l'elettore che voti al di fuori della cabina (a meno di comportamenti eccessivi tali da turbare il regolare svolgimento delle elezioni) tranne, come sopra scritto, l'annullamento della scheda e l'impossibilità di votare nuovamente. Ma per l'appunto, qui nessuno sta chiedendo di considerare la scheda rifiutata come valida ai fini del voto, e per farla annullare dal Presidente di seggio sarebbe sufficiente richiuderla al di fuori della cabina e riconsegnarla.
L'impossibilità di votare nuovamente, ovviamente, non può annullare in alcun modo la seconda cosa che un elettore può fare all'interno del seggio elettorale nel quale ha diritto di voto: presentare reclami o proteste che debbono essere verbalizzati. E se la lingua italiana e il suo uso hanno un senso, il differente significato della parola protesta sta ad indicare, evidentemente, tanto più perché utilizzata nello stesso periodo, qualcosa di diverso rispetto al reclamo.
E l'obiezione che i reclami e le proteste possono essere presentate solo per questioni legate alle operazioni di voto, oltre che contrastare con il corretto uso della lingua italiana, non è ricavabile da nessuna disposizione di legge.
Non c'è nessuna previsione di potere discrezionale al riguardo.
Dovendosi per altro rilevare che ad essere sanzionato per la mancata verbalizzazione è il segretario, che di certo non gode dei poteri del Presidente di seggio. Anche questo, vorrà pur significare qualcosa?

Ma andiamo con ordine.
In linea di principio, in assenza di divieti espliciti o desumibili dal combinato disposto di più norme, la presunzione sta tutta a vantaggio di ciò che non è in alcun modo vietato ma addirittura consentito.
E anche laddove si riuscisse a trovare un richiamo indiretto che potrebbe far presumere l'esistenza di un divieto, trattandosi di attività interpretativa, si dovrebbe verificare la compatibilità di questa attività interpretativa con il complesso delle norme che, indirettamente, potrebbero, al contrario, far dubitare dell'esistenza del divieto indirettamente ricavato.

Nel caso specifico, c'è un indubbio interesse dell'elettore ad esercitare il proprio diritto di voto.
Ma oltre che un diritto, l'esercizio di voto è anche un dovere civico (Art. 48 Cost.)
La prima questione che in tal senso si pone riguarda, evidentemente, la possibilità di poter assolvere a questo dovere civico nella piena disponibilità dei diritti costituzionalmente garantiti.
E laddove il cittadino ritenga che i propri diritti siano stati in qualche modo lesi, verificare l'esistenza o meno degli strumenti normativi, durante tutte le fasi del procedimento elettorale, che consentano all'elettore, nell'esercizio del diritto-dovere, di richiamare l'attenzione degli organi preposti.

Se questi strumenti non vi fossero ci sarebbe da gridare allo scandalo, ma il "caso" vuole che ci siano. Non efficacissimi, ma neanche del tutto assenti.

Art. 104, comma 5, del Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 e successive modifiche:
Il segretario dell'Ufficio elettorale che rifiuta di inserire nel processo verbale o di allegarvi proteste o reclami di elettori è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa sino a lire 4.000.000.

Ed anche:

art. 87, comma 1, del Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 e successive modifiche:
“Alla Camera dei deputati è riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Essa pronuncia giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all'Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente.”

Non solo, quindi, è per legge prevista, durante il procedimento elettorale, la possibilità per gli elettori di avanzare proteste o reclami (ed è bene sottolineare nuovamente la diversità di significato tra le due opzioni a disposizione: reclamo e protesta). A queste proteste viene dato, quanto meno sotto il profilo formale, un rilevo particolare, al punto che la Camera dei Deputati si pronuncia.
Siamo cioè di fronte ad una vera e propria attivazione di un Organo costituzionale in conseguenza di un atto che legittimamente può essere compiuto da ogni singolo elettore.
Tornando quindi al rifiuto o alla restituzione di una o più schede elettorali, nulla osta a che la protesta possa riguardare questioni come la legge elettorale, eventuali dubbi circa la correttezza della scheda elettorale ricevuta, o altri motivi che in ogni caso renderebbero di fatto inutile, nella convinzione dell'elettore, l'espressione del voto.

Per concludere, come sopra ricordato, il segretario di sezione è obbligato a verbalizzare qualsiasi reclamo o protesta provenga dagli elettori.
Si tenga inoltre presente che, in ogni caso, qualunque decisione venisse assunta dal Presidente di seggio per dirimere la controversia, l'eventuale diniego non potrebbe non essere esso stesso verbalizzato, con tanto di motivazione delle ragioni del rifiuto. Le decisioni del Presidente di seggio sono infatti soltanto provvisorie e, quindi, rivedibili, come anche ribadito nelle "Istruzione per le operazioni degli Uffici elettorali di sezione" relative alle politiche del 2006:
 
§ 6. — Potestà di decisione del presidente dell’Ufficio elettorale di sezione.
Il presidente decide, udito, in ogni caso, il parere degli scrutatori, sopra tutte le difficoltà e gli incidenti che siano sollevati intorno alle operazioni della sezione, e sui reclami, anche orali, e le proteste che gli vengono presentati, nonchè sulle contestazioni e sulla nullità dei voti (art. 66, primo comma, ed art. 71, primo comma, del testo unico 30 marzo 1957, n. 361).
La sua decisione, peraltro, è provvisoria.
Infatti, il giudizio definitivo su tutte le contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni è riservato, rispettivamente, alla Camera dei deputati (art. 87 del testo unico n. 361) ed al Senato della Repubblica (art. 27 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533)


Benché forti del complesso delle norme, evitare in ogni caso di passare dalla ragione al torto ed incorrere nelle sanzioni previste per chi turba il regolare svolgimento delle operazioni di voto.
Di fronte all’eventuale ostinazione dei Presidenti e alla riluttanza dei segretari a non verbalizzare sia la protesta che le obiezioni del Presidente di seggio, e laddove non ci si senta in grado di sostenere il confronto, evitare di farsi coinvolgere in accese ed inutili discussioni.
Rivolgersi invece alla forza pubblica per richiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario che può avere accesso nella sezione per notificare al Presidente proteste e reclami relativi alle operazioni della sezione, e cioè l'omessa verbalizzazione (art. 44 comma 4 D.P.R. 30 marzo 1957, n° 361 e successive modifiche).