Siamo alle solite. La Cassazione decide di sollevare la questione di costituzionalità della legge elettorale, inviando gli atti alla Consulta, ma di approfondire le conseguenze che, logicamente, da questa decisione dovrebbero discendere, non se ne parla proprio.
Di fatto siamo già alla “mezza notizia”, utile solo per sostenere, con buona pace dell’interesse dei cittadini, i soliti interessi di parte: se la legge elettorale potrebbe essere incostituzionale, la si cambia senza neanche attendere la Consulta e il problema non c’è più.
Per cui, anziché prendere atto che l’attuale Parlamento potrebbe essere il frutto di una legge elettorale incostituzionale, quindi scarsamente legittimato ad intervenire su “questioni di sistema”, è iniziata la gara per affrettare i tempi: e quale miglior soluzione se non quella di ritornare, come chiedevano i firmatari del referendum non ammesso dalla Consulta lo scorso anno, alla precedente legge elettorale, il Mattarellum? Senza il 25% di quota proporzionale, poi, sarebbe anche meglio.
C’è un luogo comune che imperversa in gran parte dei commenti dei più illustri analisti di questioni elettorali: è tutta colpa del Porcellum, cioè della lotteria con la quale vengono assegnati i diversi premi regionali, se il Senato non è in grado di esprimere, rispetto alla Camera dei Deputati, una maggioranza stabile.
Vero, ma solo in piccola parte. Anzi no, in piccolissima parte.
Che il sistema elettorale preveda l’elezione del Senato su base regionale, infatti, sta scritto sulla Costituzione; così come c'è pure scritto che per le due Camere votano due corpi elettorali diversi.
Tant’è che è sempre stato così, sia con il Mattarellum in vigore dal 1993 al 2005, e sia con la precedente legge elettorale proporzionale.
La regione Lombardia, ad esempio, ha sempre avuto il più alto numero di seggi senatoriali, così come, da sempre, gli elettori lombardi non hanno mai mischiato i propri voti per il Senato con quello proveniente dalle altre regioni.
Gustavo Zagrebelsky è stato Giudice costituzionale dal 1995 al 2004. Anni nei quali ha certamente avuto modo di dare un importante contributo al processo di elaborazione di quei principi ai quali la Consulta si ispira in occasione dei giudizi di ammissibilità dei referendum abrogativi, con particolare riguardo ai referendum cosiddetti elettorali. Principi ormai consolidati, e su questo si può legittimamente dissentire, ma rispetto ai quali appare sorprendente sperare, tanto più se tale aspirazione proviene da un ex Giudice costituzionale, che possano essere ribaltati da una sentenza all’altra.
Con un'intervista al quotidiano Europa, l'Avvocato costituzionalista Alessandro Pace spiega, in due battute, le ragioni di fondo per le quali il secondo quesito abrogativo è da ritenere ammissibile.
Riguardo al prossimo pronunciamento della Corte Costituzionale, circa l’ammissibilità o meno dei due quesiti referendari attraverso i quali far rivivere la precedente legge elettorale, il Mattarellum, non manca giorno che non arrivi notizia di una qualche “altra” possibilità. Si tratta di qualcosa di più di “una terza via”, in quanto ne sono emerse più d’una.
Mentre si attende il pronunciamento della Corte Costituzionale riguardo l’ammissibilità dei due referendum elettorali attraverso i quali far rivivere la precedente legge elettorale, il Mattarellum, come una bomba ad orologeria e giunto un appello firmato da ben 111 costituzionalisti, tra i quali: Valerio Onida e Gustavo Zagrebelsky (http://www.libertaegiustizia.it/2012/01/04/appello-dei-costituzionalisti-per-una-nuova-legge-elettorale/). Oltre ad auspicare che la Corte si pronunci per l’ammissibilità - e si tratta dell’auspicio, ripetiamolo, di ben 111 cattedratici, con tutta l’influenza che il peso di tale opinione potrebbe comportare sulla libertà di giudizio dei singoli Giudici - si rivolge l’invito al Parlamento, pur se con toni sfumati, affinché sia lui stesso a recuperare il contenuto dei quesiti referendari. L’appello si conclude, peraltro, con una sorta di preoccupazione indirettamente rivolta proprio alla Corte. Nell’evocare, infatti, il pericolo di inerzia del Parlamento, si sottolinea come “questo pericolo esiste realmente, e lo sarebbe ancora di più senza lo stimolo referendario”.
Oltre un milione di firme, 1.210.406 per l’esattezza. Un risultato senza precedenti che certamente testimonia l’insofferenza dei cittadini di fronte ad una legge elettorale che, in maniera palese, li ha espropriati del diritto di scegliere i propri rappresentanti e che, a leggere testualmente dal sito dell’IDV, “regala un premio di maggioranza a chi la maggioranza non ce l’ha”. Motivazioni più che condivisibili rispetto alle quali il Palazzo dovrebbe interrogarsi ed intervenire per rimuovere le cause di tanto malcontento. E questo è quanto sembrerebbe stia per avvenire, con grande soddisfazione di chi ha firmato i quesiti Morrone-Parisi; ma proprio per questo è interessante interrogarsi, anche, su quale piega stia prendendo il dibattito politico che si è avviato.
Mercoledì 14 settembre 2011, ore 11.00: Trasmissione di approfondimento sui referendum.
Quale referendum abroga veramente il Porcellum? Quello sostenuto dalla politica (Veltroni-Di Pietro-Vendola) o quello della società civile (Passigli-Ferrara)?
Radio Città Aperta (Roma) - 88,9 MHZ - Partecipa in studio Franco Ragusa