Il terzo referendum elettorale ha lo scopo di impedire le candidature multiple. A prima vista, un quesito degno di essere preso in considerazione.
O meglio, lo sarebbe se ci fosse una diversa legge elettorale in vigore, e questo anche nell'ipotesi di approvazione degli altri due quesiti.

L'attuale legge elettorale, è bene ricordare, non prevede il voto di preferenza. Ciò che gli elettori votano, infatti, è una lista di nomi predefinita, bloccata. Se la lista votata conquista 10 seggi, passano i primi 10.
E' sin troppo evidente come con un meccanismo simile agli elettori non è dato modo di selezionare la classe politica del paese, essendo questa già stata scelta per loro a seconda della posizione occupata dai candidati nelle liste.
Riguardo all'assenza del voto di preferenza, inoltre, è bene non dimenticare che i primi ad essere contrari alla sua introduzione sono i referendari stessi.
Non a caso, evidentemente.
L'approvazione degli altri due quesiti, infatti, produrrebbe effetti tali che l'ipotesi che questo possa essere reintrodotto successivamente è da escludere in maniera totale.

Chiarito il quadro entro il quale ci viene chiesto d'intervenire, si può facilmente approfondire il come ed il perché dell'inutilità del terzo quesito, e per farlo nulla di meglio che riportare per intero le argomentazioni dei promotori.
 
(fonte: www.referendumelettorale.org) Un terzo quesito referendario colpisce un altro aspetto di scandalo. Oggi la possibilità di candidature in più circoscrizioni (anche tutte!) dà un enorme potere al candidato eletto in più luoghi (il “plurieletto”). Questi, optando per uno dei vari seggi ottenuti, permette che i primi dei candidati “non eletti” della propria lista in quella circoscrizione gli subentrino nel seggio al quale rinunzia. Egli così, di fatto, dispone del destino degli altri candidati la cui elezione dipende dalla propria scelta. Se sceglie per sé il seggio “A” favorisce l’elezione del primo dei non eletti nella circoscrizione “B”; se sceglie il seggio “B” favorisce il primo dei non eletti nella circoscrizione “A”. Nell’attuale legislatura, questo fenomeno, di dimensioni veramente patologiche, coinvolge circa 1/3 dei parlamentari. In altri termini: 1/3 dei parlamentari sono scelti dopo le elezioni da chi già è stato eletto e diventano parlamentari per grazia ricevuta. Un esempio macroscopico di cooptazione!

E’ inevitabile che una tale disciplina induca inevitabilmente ad atteggiamenti di sudditanza e di disponibilità alla subordinazione dei cooptandi, atteggiamenti che danneggiano fortemente la dignità e la natura della funzione parlamentare. Inoltre i parlamentari subentranti (1/3, come si è detto) debbono la propria elezione non alle proprie capacità, ma alla fedeltà ad un notabile, che li premia scegliendoli per sostituirlo.

Come si può già capire dalle prime righe, i proponenti sembrano parlare di un'altra legge elettorale, di una legge elettorale, per l'appunto, dove sono gli elettori a decidere i primi eletti con il voto di preferenza e non i "proprietari" della lista.
Ma dato che così non è, e che i candidati posizionati nella lista sono stati selezionati e piazzati in una determinata sequenza dal "proprietario" o dai "proprietari" della lista, è sin troppo evidente che il legame di sudditanza del futuro parlamentare non nasce dopo le elezioni, ma prima, al momento della sua possibile collocazione nella lista.
La scelta finale compiuta dai plurieletti, i "proprietari" della liste, altro non fa che cerificare quanto già deciso prima delle elezioni, per tutti gli altri candidati presenti nelle liste, senza che gli elettori possano intervenire in alcun modo per cambiare una sola virgola.

Diversamente, con il voto di preferenza, allora sì che avrebbe senso impedire lo stravolgimento delle scelte compiute dagli elettori non permettendo la presentazione di candidature multiple.
Ma dato che gli elettori non scelgono nulla e che il tutto è già stato deciso a tavolino dai "proprietari" delle liste, candidature multiple o no, con l'attuale legge elettorale, o con quella che deriverebbe dall'approvazione degli altri due quesiti, non cambierebbe nulla.

A meno che... a meno che non venga per l'appunto reintrodotto il voto di preferenza, cosa che nessuno dei tre quesiti fa.
Per altro, come accennato all'inizio, tra i più convinti contrari alla reintroduzione del voto di preferenza troviamo, in prima fila, i referendari stessi.
Nulla di più logico, del resto, se pensiamo al disegno complessivo che si vuole raggiungere attraverso l'approvazione dei primi due quesiti.
Assegnare il premio di maggioranza ad una sola lista, anziché ad una coalizione di liste, ha infatti lo scopo di forzare il sistema di voto verso una competizione bipartitica.
Ciò non può in ogni caso escludere, però, che vi possa essere la necessità, per i partiti maggiori, di costituire delle coalizioni elettorali al fine di ottenere il premio di maggioranza. Tutto ciò è già successo con la precedente legge elettorale maggioritaria fondata sui collegi uninominali, potrebbe quindi benissimo succedere anche con il maggioritario di lista, possibilità per altro non esclusa dai referendari stessi.
Ma se le forze politiche coalizzate non hanno la possibilità di presentarsi davanti agli elettori, ognuna con il proprio simbolo e la propria lista di candidati, è sin troppo evidente che dovranno trovare l'accordo per dividersi i posti sicuri in Parlamento: tot al partito X, tot al partito Z, due cosine al partito Y.
Ecco quindi spiegata la contrarietà alla reintroduzione del voto di preferenza: gli elettori potrebbero infatti "interferire" con quanto deciso nel "mercato delle vacche" per la spartizione dei seggi.

Di quale moralizzazione politica stiamo quindi parlando?

Con l'attuale legge elettorale, oggi gli elettori possono scegliere, quanto meno, nell'ipotesi di costituzione di una coalizione, quale partito della coalizione votare. In altre parole, sono gli elettori che oggi decidono, nell'ambito del voto dato ad una coalizione, quanti parlamentari per il partito X, quanti per il partito Z e quanti per il partito Y.
Domani, con l'approvazione dei primi due quesiti, neanche più questo: l'elettore voterà un simbolo-contenitore senza alcuna possibilità d'intervento.
Che senso ha, allora, impedire le candidature multiple quando tutto viene deciso prima delle elezioni, in maniera ancora peggiore nel caso venissero approvati gli altri due quesiti?
Evidentemente nessuno.
Siamo chiaramente di fronte ad un quesito messo lì per fare confusione e con l'intento di dare all'iniziativa referendaria una facciata di democraticità che non ha.

Franco Ragusa