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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Stop Racism
Riguardo al prossimo pronunciamento della Corte Costituzionale, circa l’ammissibilità o meno dei due quesiti referendari attraverso i quali far rivivere la precedente legge elettorale, il Mattarellum, non manca giorno che non arrivi notizia di una qualche “altra” possibilità.
Si tratta di qualcosa di più di “una terza via”, in quanto ne sono emerse più d’una.

La tesi del Comitato promotore, come è noto, si basa sull’assunto che, una volta cancellata l’intera legge o le parti con le quali la precedente legge elettorale era stata modificata, non si rimarrebbe in presenza di un vuoto normativo, ma si “ripristinerebbe” la precedente legge.
In tal senso si è peraltro espresso un appello firmato da ben 111 costituzionalisti, il che rappresenta una novità visto che, sino a pochi mesi fa, alcuni dei firmatari più illustri di questo appello si erano invece dichiarati molto scettici.
Ma a conferma della fondatezza delle perplessità passate, dai rumors provenienti dalle gole profonde della Corte, l’orientamento prevalente fra i giudici costituzionali sarebbe appunto quello di dichiarare inammissibili i due quesiti, in continuità, del resto, con la giurisprudenza consolidata in tema di ammissibilità dei referendum abrogativi.
Gli stessi rumors, però, segnalano un intenso lavorio per l’elaborazione di una terza via.
Di cosa potrebbe trattarsi?
C’è da premettere che, in maniera inusuale, la Corte Costituzionale ha già avuto modo di arricchire una sentenza di ammissibilità con delle indicazioni.
Nel dichiarare ammissibili i quesiti dell’ultimo referendum elettorale svolto nel 2009, i giudici costituzionali segnalarono al Parlamento l’esistenza di “aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi” (sentenza N. 15 del 2008).
Da tenere presente che gli aspetti contenuti nell’attuale Porcellum, e ritenuti problematici dalla Corte, si sarebbero trasferiti per intero anche nella legge eventualmente modificata dai quesiti all’esame e per i quali venne dichiarata l’ammissibilità.
Con la sentenza del 2008, la Consulta ha pertanto confermato le linea guida che da sempre ispirano i giudici in tema di ammissibilità: in quella sede, la Corte Costituzionale non prende in esame l’eventuale incostituzionalità della legge sottoposta a referendum e né, tanto meno, la legge che potrebbe risultare approvata a seguito di abrogazione referendaria.
Ritenere, quindi, che la Consulta possa ora mettere in discussione ciò che ha avuto modo di ribadire soltanto a gennaio 2008, risulta altamente improbabile, ed è quindi una vana speranza che possa realizzarsi una terza via sulla base dei rilievi di incostituzionalità dell’attuale legge, così come anche, per le stesse ragioni, della legge attuativa dell’istituto del referendum abrogativo.
Altresì, laddove la Corte dovesse ritenere inammissibili i due quesiti ed inviare, al tempo stesso, una sollecitazione al Parlamento affinché metta mano alla legge elettorale, non di una novità si tratterebbe, ma della conferma dei dubbi già segnalati.
È quindi sorprendente l’enorme rilievo che si sta dando a questa novità che novità non sarebbe affatto, perché è dal 2008 che la Corte ha chiaramente individuato gli aspetti di incostituzionalità del Porcellum, e cioè il premio di maggioranza.
È dal 2008, quindi, che la Corte ha indicato la necessità di fissare dei criteri minimi per poter assegnare l’eventuale premio di maggioranza.
Ma è dal 2008 che il dibattito intorno alla legge elettorale va nella direzione esattamente opposta.
Dapprima i referendum del 2009, con i quali l’attuale Porcellum sarebbe divenuto un Super Porcellum; ed ora due nuovi quesiti, promossi dagli stessi soggetti politici che volevano ingrassare l’attuale Porcellum, con una proposta di tornare a quel Mattarellum che ha lo stesso identico problema di realizzare un forte premio in seggi non dipendente dal raggiungimento di una soglia minima di voti.

Franco Ragusa