Referendum-SardegnaPeccato, però, che i proponenti siano sempre gli stessi, e dire che non fanno parte della casta è a dir poco una bestemmia.
Sono gli stessi che con il referendum Guzzetta-Segni del 2009 volevano realizzare il super porcellum; gli stessi che hanno poi boicottato la raccolta di firme del referendum elettorale promosso dal Comitato Passigli, presentando un referendum alternativo, Morrone-Parisi-Segni-Veltroni-Di Pietro-Vendola, chiaramente inammissibile e che, in ogni caso, non avrebbe restituito alcun potere di scelta agli elettori.
Fatta la premessa sui soliti anticasta di nome, ma non di fatto, due piccole note sul merito.
E' meglio un forte decentramento amministrativo in capo ai Comuni e alle Province, o continuare con la confusa logica delle competenze incrociate tra Stato e Regioni?

Di sicuro, cancellando le Province si allontanano i cittadini dalla cosa pubblica, perché saranno molto poche le competenze delle Province che potranno passare ai Comuni, per finire così alle Regioni.
E se alla cancellazione delle Province abbiniamo la riduzione dei consiglieri regionali, oltra alla maggiore distanza dei cittadini dalla cosa pubblica, ci sarà anche un deficit di rappresentatività in conseguenza dell'inevitabile espulsione delle forze minori (aumento della "soglia di sbarramento implicita").
E' bene ricordare che molti dei guai dei nostri giorni sono iniziati con il referendum elettorale del '93.
Diversamente da allora, però, oggi a decidere in Sardegna sono stati in pochissimi. Nella migliore delle ipotesi, cioè il 100% di Sì, il 35% degli aventi diritto.