riforme info logo

Versione CMS del sito www.riforme.net
In aggiornamento il periodo 2014-2018
per problemi al database

Purtroppo, di nuovo in evidenza: Stop Racism
Estratto da:
Dal Mattarellum alla riduzione dei parlamentari - Cittadini senza rappresentanza

Il 29 marzo 2020 si svolgerà il quarto referendum costituzio­nale confermativo della storia della Repubblica italiana. Oggetto del referendum: la conferma o meno della legge costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari.

Secondo gli effetti della legge sottoposta all’esame degli elettori, la Camera dei Deputati passerà dagli attuali 630 deputati a 400, di cui 8 eletti nella Circoscrizione Estero; il Senato da 315 elet­tivi a 200, di cui 4 eletti nella Circoscrizione Estero.
Il numero minimo di senatori assegnati ad ogni Regione passerà da 7 a 3; 3 anche per le Province autonome; 2 per il Molise; 1 per la Valle d’Aosta.
Il numero dei senatori a vita presenti al Senato, infine, di nomina presidenziale, non potrà più essere superiore a 5.

Prima di entrare nel merito degli aspetti più prettamente politici della questione, sulle finalità, cioè, della scelta operata dall’attuale Parlamento, una prima considerazione sul metodo è d’obbligo.
Questa forte riduzione verrà adottata, laddove gli elettori si esprimeranno favorevolmente, senza che altri parti della Costitu­zione e anche la stessa legge elettorale siano state modificate.

Non si tratta di un aspetto marginale, così come confermato dagli impegni sottoscritti alla vigilia del voto finale.
La riduzione in esame costituirebbe, infatti, soltanto il primo passo di un percorso più articolato.
Ma se nel frattempo, una volta compiuto il primo passo, s’inciampasse?
Ma per meglio comprendere l’importanza delle questioni che al momento rimarrebbero sospese, nulla di meglio che metterle in fila.

- Una nuova legge elettorale in grado di garantire efficace­mente il pluralismo politico e territoriale, nonché l’equilibrio di genere.

- In considerazione della forte riduzione dei parlamentari, il necessario riequilibrio del peso dei delegati regionali che inte­grano il Parlamento in seduta comune in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica.

- Riforma dei regolamenti parlamentari.

- Limitazione della decretazione d’urgenza e del ricorso al voto di Fiducia.

- Interventi sul procedimento legislativo.

Questi sono solo alcuni degli impegni presi, i più direttamente correlati ai problemi che potrebbero sorgere a seguito del ridotto numero dei parlamentari. Per gli altri, più politici che tecnici, si rimanda più avanti.
Come si può quindi facilmente intuire, siamo di fronte ad inter­venti che avrebbero dovuto accompagnare da subito la forte riduzione dei parlamentari, e non in un probabile futuro (quanto probabile?).

Premessa la questione di metodo, che da sola da l’idea della fretta e l’impreparazione con le quali la revisione sia stata approvata, un obiettivo di bandiera da realizzare a tutti i costi, senza alcun riguardo per l’insieme dei problemi, le questioni di merito.

In primo luogo la cosiddetta lotta a “La Casta”, con da un lato chi taglia le poltrone e chi, invece, ovviamente sul lato sbagliato, vorrebbe mantenerle(1).

Di chi si parla?

Al sottoscritto, umile elettore, interessa soltanto che il proprio diritto alla rappresentanza non venga leso o ridotto fortemente a tutto vantaggio di pochi.
In tal senso, la prospettata riduzione dei parlamentari, se e quanto inciderà sul diritto degli elettori di poter scegliere, libera­mente e senza condizionamenti?
Non di meno, se e quanto potrebbe favorire, grazie a un sistema istituzionale indebolito e sempre meno rappresentativo, proprio quella Casta che ha invece tutto l’interesse di condizionare ed indirizzare le scelte degli elettori al proprio esclusivo vantaggio?

Per i cittadini disillusi, non vi sono molti dubbi in merito, l’uno potrebbe valere l’altro, in un concetto di Casta genericamente indirizzato nei confronti della politica in generale, per cui 230 “papponi” in meno alla Camera sono meglio di 230 “papponi” in più.
Ma allora, perché non 400 o 630 “papponi” in meno? Perché soltanto 230 in meno?
Se l’argomentazione a sostegno della riduzione dei parlamentari è solo tra chi vuole tagliare i privilegi, le poltrone, e chi, invece, vorrebbe mantenerli, come e perché non essere conseguenti sino in fondo?
Una volta tagliate 230 poltrone, per lo più a danno delle espres­sioni politiche minori o meno omologabili all’interno delle rigide discipline di partito al servizio dei leader, quale giudizio dare per le restanti?
Tutta brava e bella politica?
Ci si sta forse dicendo che sono le espressioni dell’elettorato più marginalizzato il virus da combattere, gli intollerabili privilegi da tagliare?
Ma davvero?!

È evidente che le questioni sono altre.
Proviamo quindi a guardare le cose da una diversa angolazione.

In questo lavoro si è cercato di ripercorrere tutti i momenti di snodo più significativi a partire dal 1993 ad oggi. Più volte, si è stati costretti a constatare di come gli obiettivi di riforma siano sempre e soltanto andati nella medesima direzione, con degli scopi ben precisi:

- indebolire la forma di governo parlamentare;

- ridurre il Parlamento ad una sorta di passacarte per decisioni prese altrove;

- neutralizzare le espressioni di voto al di fuori dello schema bipolare;

- in ultimo, cambiati gli equilibri e per mano dei nuovi vincitori, congelare l’attuale situazione “tripolare”.

Obiettivi che si è tentato di perseguire attraverso più soluzioni, come abbiamo visto.
Con la legge elettorale, in primo luogo, sino a che non si è arrivati all’intervento della Corte Costituzionale per porre un freno alle porcate.
Con le due riforme costituzionali, Berlusconi prima, Renzi poi, entrambe respinte dagli elettori.

A ben vedere, certamente anche perché inseriti in articolati con più pretese, abbiamo già votato e respinto due progetti di riduzione dei parlamentari.
Per cui sì, per quanto sia forte l’impressione che contrastare la riduzione dei parlamentari sia oggi una battaglia persa, le resi­stenze alle facili sirene del passato lasciano viva la speranza.
Senza peraltro dimenticare il fallimento dei tre referendum sulla legge elettorale.

Una speranza che si fonda sulla consapevolezza che c’è un elet­torato sin troppo geloso dei propri diritti; un elettorato stufo di subire il ricatto del voto utile; un elettorato stufo di dover votare per determinate forze politiche perché impossibilitato a scegliere altro.

Al Senato, ad esempio, come si farà a garantire il pluralismo se avremo Regioni che eleggeranno solo tre senatori invece che sette e che, quindi, i pochi seggi a disposizione saranno di esclu­sivo appannaggio delle prime due, forse tre forze politiche maggiori?
Certo, tra gli intenti dichiarati vi è anche quello di modificare il sistema di voto, con il Senato eletto non più a base regionale. Intervento che servirebbe comunque a poco vista la forte ridu­zione.
Ma premesso che si tratterebbe di una revisione costituzionale che potrebbe non vedere la luce, nel caso specifico la modifica servirebbe non tanto per tutelare la rappresentanza, quanto per poter avere i medesimi risultati elettorali in entrambe le Camere, con tutto quanto ne consegue sotto il profilo dell’omogeneità dei risultati in un’ottica strettamente maggioritaria2. Non a caso, tra i desiderata vi è anche quello di eliminare il vincolo del venti­cinquesimo anno di età per poter votare al Senato.

Ma a cosa potrebbe servire avere due Camere, a questo punto sì, inutilmente una gemella dell’altra?
Tanto varrebbe votare mettendo una sola croce su una sola scheda.

Apprendisti stregoni con la vista annebbiata, perché troppo intenti ad escogitare formule in grado di eludere le sentenze della Consulta a tutela della rappresentanza; perché troppo impegnati a tutelare la posizione di privilegio raggiunta.
La politica non è “La Casta” per definizione. La politica diviene “La Casta” quando al ruolo istituzionale si sostituisce l’attacca­mento alla “propria” poltrona e la tutela di interessi specifici contro l’interesse generale.
Per cui si ripete la domanda: una volta tagliati 115 Senatori a danno delle espressioni politiche meno omologabili, ciò che rimarrà, gli autori di questa riduzione, tutta brava e bella poli­tica?
Siamo sicuri che la cura proposta, la riduzione dei parlamentari, non si rivelerà peggiore del male che ci dicono voler curare?

1 In quest’ultimo capitolo non si dedicherà più spazio di questa nota sui presunti risparmi di spesa. Vuoi perché irrisori, 50-70 milioni di euro l’anno nella migliore delle ipotesi, cioè circa 2 euro di risparmio medio l’anno per contribuente; vuoi perché, come dimostrano anche le ingenti spese oggi sostenute dal Movimento 5 Stelle per tenere in piedi la macchina parlamentare, e questo nonostante il gran numero di eletti, la tutela del pluralismo costa!

2 Risultati analoghi in entrambe le Camere per facilitare l’assegnazione di un eventuale premio di maggioranza ad un unico vincitore. Ma con un premio nell’ordine delle due cifre percentuali come anche la sentenza della Consulta sull’Italicum consentirebbe, ci troveremmo inevitabilmente con un’ulteriore compressione del diritto alla rappresentanza.