riforme info logo

Versione CMS del sito www.riforme.net
In aggiornamento il periodo 2014-2018
per problemi al database

Purtroppo, di nuovo in evidenza: Stop Racism
Da Il Mattino, di Claudio Sardo
Ha il consenso di una larga maggioranza parlamentare e la fama della Grande riforma.
Ma il federalismo fiscale, approvato ieri sera in via definitiva dal Senato, è poco più di un elenco di buoni propositi. Servirà come bandiera elettorale, questo è certo. La Lega già esulta e la sventola. Il Pdl non vuole essere da meno. E lo stesso Pd ha trattato fino in fondo, ha corretto anche radicalmente il testo e infine ha scelto l`astensione per continuare a fregiarsi del titolo di federalista. Solo l`Udc è rimasta a presidiare il campo dell`opposizione: e c`è un calcolo elettorale anche in questo caso.

Il federalismo fiscale è una legge-delega. Vuol dire che il testo approvato contiene solo i principi e le linee guida. Toccherà poi ai decreti delegati trasformarli in norme, disposizioni organizzative, cifre. Ma il governo si è preso due annidi tempo per emanare i decreti attuativi. Non solo. Quei decreti dovranno prevedere una fase transitoria lunga cinque anni. Il federalismo fiscale, insomma, non entrerà a regime prima del 2016.
Si dirà: è inevitabile. Nella fase transitoria si trovano le garanzie di flessibilità e le perequazioni necessarie in favore delle Regioni più svantaggiate.

Mai dubbi sul federalismo fiscale vanno ben oltre la questione dei tempi. Il ministro Tremonti si è finora rifiutato di fornire i numeri della riforma - quelli della ripartizione delle entrate fiscali come quelli delle spese e dei costi standard - perché non è del tutto chiara la distinzione delle funzioni tra i diversi livelli amministrativi. Non sono neppure sciolti i nodi circa la soluzione degli inevitabili conflitti di gestione: il Senato delle Regioni è ancora un auspicio, la riforma del bicameralismo poco più di un proposito, e quando si va al concreto i senatori non sembrano affatto disposti ad affidare alla sola Camera dei deputati il rapporto fiduciario con il governo.
Ma senza il superamento del bicameralismo perfetto è praticamente impossibile dare vita davvero a un federalismo fiscale.
E' vero che, rispetto ai progetti iniziali della Lega, molte cose sono cambiate.
Ora non ci sono più venti diverse Irpef regionali. Ora la perequazione è affidata allo Stato e non alle Regioni più ricche. Lo Stato resta il garante rispetto ai singoli cittadini e non c`è più quella sorta di secessione nei diritti. Ma tutto ciò è sulla carta. La realtà rischia di essere distante. O incerta. Anche l`assicurazione che il federalismo fiscale non costerà nulla, anzi farà risparmiare, appare poco più di un buon proposito.
Se non si vuole far pagare un costo molto alto ai cittadini delle Regioni attualmente meno produttive, o peggio organizzate, sarà necessario nella transizione finanziare chi è più in difficoltà (e non indebolire le Regioni più virtuose).
Tutto ciò, però, è poco compatibile con la durezza della crisi economica.
Resta in campo persino il dubbio più radicale: chissà se mai la riforma di oggi riuscirà a essere applicata. Il dubbio attraversa la stessa maggioranza: non è un caso che l`entrata a regime è prevista comunque nella prossima legislatura.