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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Stop Racism
da ilcorriere.it - Verdini: «Noi sappiamo delle prerogative del Capo dello Stato, ma ce ne freghiamo»
«Politicamente riteniamo che non possa accadere questo. Che si mandi a casa chi ha vinto le elezioni»
 
Il destino del governo e il possibile cambiamento di maggioranza arroventano la polemica politica. «Noi sappiamo che» il Capo dello Stato ha le sue prerogative «ma ce ne freghiamo, cioè politicamente riteniamo che non possa accadere questo. Anche i partiti hanno le loro prerogative». Lo ha detto il coordinatore del Pdl Denis Verdini riferendosi all'ipotesi che, in caso di caduta del Governo, «il Capo dello Stato, nelle sue prerogative, possa pensare che per risolvere i problemi di questo Paese si mandi a casa chi ha vinto le elezioni, Berlusconi e Bossi, e si mandi al Governo chi le ha perse, Casini e Bersani».

LA TESI - «Noi sappiamo che in caso di caduta del Governo il Capo dello Stato ha le sue prerogative. Lo sappiamo benissimo che funziona così - ha spiegato Verdini - Ciò che non sappiamo e non vogliamo capire, e che non ci piace per niente, è che il Capo dello Stato, nelle sue prerogative, possa pensare che per risolvere i problemi di questo Paese si mandi a casa chi ha vinto le elezioni, Berlusconi e Bossi, e si mandi al governo chi le ha perse, Casini e Bersani. E su questo si innesca una polemica perchè noi andiamo a toccare le prerogative del capo dello Stato. Noi sappiamo che le ha ma ce ne freghiamo, cioè politicamente riteniamo che non possa accadere questo. Anche i partiti hanno le loro prerogative». «Ricordate che dal 1994 - ha concluso Verdini - da quando c'è questo sistema, nessun Capo dello Stato si è mai sognato di affidare il Governo a qualcuno di diverso da chi aveva vinto le elezioni, fosse questi Prodi o Berlusconi. L'incarico lo ha dato a chi le elezioni le ha vinte. Voglio vedere: come fa se cade il Governo a dare l'incarico a chi le elezioni le ha perse?».

LA PRECISAZIONE - Accortosi del clamore suscitato dalle sue parole Verdini interveniva nuovamente con una nota di precisazione: «Non ho mai né pensato, né a maggior ragione detto che noi ce ne freghiamo delle prerogative del capo dello Stato. Poiché assistiamo al solito gioco di strumentalizzare e sintetizzare fino all'estremo parole pronunciate all'interno di un lungo e articolato discorso, estrapolandone solo alcune fino al punto da distorcerne il senso, intendo chiarire quanto segue a beneficio dei giornalisti e di chi, come il solerte onorevole Bocchino, ha già cominciato a stracciarsi le vesti: non ho mai né pensato, né a maggior ragione detto che noi ce ne freghiamo delle prerogative del capo dello Stato. Ho spiegato - ha proseguito - che ce ne "freghiamo politicamente", nel senso che se la Costituzione riconosce al Presidente della Repubblica il diritto di seguire il percorso che ritiene più giusto, altrettanto la Carta suprema riconosce ai partiti, che nello specifico hanno il diritto di chiedere, anche a gran voce, di non escludere da un eventuale governo chi ha stravinto le elezioni. Ciò ho detto e ribadisco, senza mai aver avuto l'intenzione di mancare di rispetto al capo dello Stato né di disconoscerne le sue prerogative», conclude la nota.

LA PRESA DI POSIZIONE DEL COLLE - Sui poteri del capo dello Stato era intervenuto lo stesso Quirinale, con una nota in cui si ricordava che nessuna presa di posizione politica di qualsiasi parte può oscurare il fatto che ci sono prerogative di esclusiva competenza del Presidente della Repubblica. La nota del Quirinale è stata dettata dalla necessità di mettere al riparo le prerogative di esclusiva competenza del Capo dello stato dalla polemica politica di questi giorni che, in vista del voto del 14 dicembre, si esercita anche nel delineare scenari che sconfinano, appunto, nelle prerogative del capo dello Stato, come ad esempio lo scioglimento, o meno delle Camere e l'eventuale ricorso alle urne. Tra gli altri, oggi il presidente della Camera Gianfranco Fini, ha chiamato in causa proprio il presidente della Repubblica quasi «interpretandolo» come ha accusato il ministro Altero Matteoli: Se il governo il 14 dicembre non otterrà la fiducia «l'Italia non andrà a votare», ha detto Fini aggiungendo che «il capo dello Stato sa cosa fare». «Non si andrà a votare ma non si potrà continuare con la situazione che c'è oggi. Non dico di più», ha concluso il presidente della Camera. Quindi Matteoli ha criticato non solo la presa di posizione di Fini, ma anche il fatto che il Quirinale non abbia diffuso «note di protesta» per questa invasione di campo. Poi in serata la puntualizzazione dagli ambienti del Colle.

LE REAZIONI ALLE PAROLE DI VERDINI - Immediate le reazioni del mondo politico alle parole di Verdini. «Le parole di Denis Verdini non sono eversive o pericolose, sono squallide. Sono il segno dell'arroganza di una classe politica indegna che ha fatto il suo tempo. Stupisce piuttosto che in quest'Italia una persona cosi ricopra incarichi politici importanti, in democrazie più mature sarebbe in ben altri luoghi. Al posto di minacciare Napolitano con un linguaggio fascista, racconti ai magistrati tutto quello che sa sulle cricche che hanno predato il Paese in questi anni. Si vergogni e faccia ammenda, si scusi con il Quirinale e con il Parlamento» afferma il capogruppo Idv Massimo Donadi.
«La dichiarazione di Verdini conferma l'assoluto disprezzo del Pdl per ogni regola, ed è ancor più grave perchè è relativa alle prerogative che la Costituzione attribuisce al Capo dello Stato» dichiara Italo Bocchino, capogruppo Fli alla Camera.
«Le parole di Verdini sono un'aggressione al Capo dello Stato, alle sue prerogative e alla Costituzione, tipico di un certo estremismo berlusconiano. Se pensano di estendere il metodo Boffo anche al Presidente della Repubblica, l'Italia reagirà. Berlusconi chieda scusa a nome del suo partito» gli fa eco Carmelo Briguglio, capo della segreteria politica di Fli.
«Il Pdl smentisca senza se e senza ma le parole di Verdini, che costituiscono una grave rottura dell' equilibrio istituzionale in un momento così delicato, e tenga presente che la situazione è ancora nei binari istituzionali solo grazie all'azione del Presidente Napolitano», dice invece Enrico Letta. Il vicesegretario Pd sottolinea che « questa azione, sempre svolta nell'interesse del Paese, sarà determinante per la gestione della crisi che la testardaggine di Berlusconi renderà inevitabile dopo il 14 dicembre».