L’approvazione dell’emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati rappresenta un momento della battaglia portata avanti da anni dal centro-destra contro l’autonomia, l’indipendenza e la terzietà della Magistratura.

Certo, ricordiamo tutti l’esito del referendum sul punto, ma ci pare che la soluzione trovata, che impone al cittadino di proporre azione per il risarcimento dei danni che ritiene di aver subito a seguito di provvedimento giudiziale, per dolo o colpa grave del magistrato, contro lo Stato che, a sua volta, potrà rivalersi nei confronti del responsabile, fosse una saggia via di mediazione tra diritti ugualmente degni di tutela: da un lato, quello del cittadino ad ottenere il ristoro economico del danno da lui subito, dall’altro, quello di evitare che il magistrato sia condizionato nelle sue scelte e decisioni dalla potenza del soggetto che sta giudicando e dal rischio di venire direttamente coinvolto.
A giustificazione della scelta normativa assunta, si fa riferimento alle decisioni della Corte di Giustizia europea, come se quella modifica fosse stata resa obbligatoria da quelle pronunce.
La pronunzia della Corte di Giustizia che ha rappresentato la "scusa" dell'intervento legislativo odierno è relativa al caso “Commissione /Repubblica Italiana” del 24 novembre scorso, che ribadisce quanto già affermato in una precedente sentenza usualmente definita “Traghetti del Mediterraneo S.p.A.”.
In realtà, l’ultima decisione della Corte di giustizia specifica che la legge n. 117 del 1988 contrasta con il diritto dell’Unione nella misura in cui impedisce che lo Stato risponda della violazione del diritto comunitario che derivi «da interpretazione di norme di diritto o da valutazione di fatti e prove effettuate dall’organo giurisdizionale di ultimo grado», «limitando tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave». Dunque ciò che la Corte di giustizia dice è che in questi casi deve esserci responsabilità dello Stato a tutela della preminenza del diritto dell’Unione, ma non responsabilità diretta dei magistrati.
Preoccupante, poi, appare l’inserimento nelle attività che possono produrre risarcimento dei danni al cittadino di quell'attività di interpretazione di norme del diritto e valutazione del fatto e delle prove, che costituisce l’”in sé” dell’attività del Giudice: si vuole, cioè, tornare al Giudice “bocca della legge”, senza margini di interpretazione, facilmente sostituibile da un computer.
I cittadini devono essere aiutati a comprendere come la giustizia non sarà certamente aiutata da battaglie nei confronti di categorie, magistrati ed avvocati, la cui attività è costituzionalmente prevista proprio a garanzia dei diritti dei cittadini e dello Stato.
Occorre, dunque, una battaglia culturale a tutto campo nella quale avvocati e magistrati, ciascuno nel pieno rispetto del proprio ruolo e della propria autonomia, spieghino l’importanza dell’indipendenza e dell’autonomia (si pensi anche alla recente introduzione delle società di capitale per gli studi legali) per un reale rispetto dei diritti dei cittadini.

Torino-Padova-Bologna-Roma-Napoli, 3 febbraio 2012.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE GIURISTI DEMOCRATICI