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Purtroppo, di nuovo in evidenza: Stop Racism
di Patrizia Turchi - http://sinistrainparlamento.blogspot.it/

Sembra sia nato un popolo - lentamente ma per adesso inesorabilmente - che indossa e interpreta il ruolo di consumatore di eventi, a cui è chiesta una opinione, uno “schierarsi” spesso manicheo (pensiamo al “Berlusconi e anti-Berlusconi”, ed oggi “Monti-anti-Monti”), relegato però ad un ruolo estremamente passivo.
 
E' un dato di fatto che il rapporto tra Partiti e società si sia radicalmente modificato negli ultimi due decenni.
Un tempo erano luogo e spazio dove la rappresentatività si coniugava con l'identificazione che produceva così una affezione sufficientemente stabile che si tramutava, dopo elaborazioni rispetto alla realtà politica, in conseguenti proposte di società che tenessero in buon conto le rivendicazioni sottese alla ideologia che li animava.
Fossero Partiti di centro, di destra o di sinistra, di massa o di élite, poco cambiava.
Quelli della sinistra hanno rappresentato poi una vera e propria “casa”, dove trovarsi e riconoscersi.

Comunque sia i Partiti sono stati strumento di partecipazione democratica alla costruzione politica del Paese, che fossero all'opposizione o al governo, creando così un contesto storico caratterizzato dalle lotte operaie, dall'importanza dei sindacati, da un tessuto produttivo vivo e articolato che consentirono la stagione delle riforme nel campo del lavoro, della sanità, della scuola, e si poté cominciare a dare voce a dettami costituzionali che, innovativi e progressisti, erano rimasti sino a quel momento solo pronunciamenti per una Società più equa.
Da circa due decenni, in particolare dalla scelta del sistema elettorale maggioritario in luogo di quello proporzionale, si è assistito ad una profonda trasformazione sia nei Partiti sia nell'elettorato, o meglio nella popolazione che ad essi guardavano.
Abbiamo visto la nascita di Partiti fluidi, liquidi, leggeri.
Spesso con gruppi dirigenti pletorici, che nel contempo -però- esauriscono in quella partecipazione la stragrande maggioranza della parte “attiva”.
Si assottigliavano gli aderenti tesserati mentre crescevano i simpatizzanti, o meglio gli elettori che venivano chiamati, di volta in volta, a pronunciarsi nelle urne rispetto a proposte di scelta politica .
Sembra sia nato un popolo -lentamente ma per adesso inesorabilmente- che indossa e interpreta il ruolo di consumatore di eventi, a cui è chiesta una opinione, uno “schierarsi” spesso manicheo (pensiamo al “Berlusconi e anti-Berlusconi”, ed oggi “Monti-anti-Monti”), relegato però ad un ruolo estremamente passivo.
Perchè consumatore di eventi? Perché il ruolo della partecipazione popolare alla vita dei Partiti, quello che prima era diffuso e militante, non è più attivato nella costruzione di scelte, ma -come in uno scaffale del supermercato- viene stimolato a scegliere quel prodotto piuttosto che un altro.
Si leggono le etichette, si guarda la confezione, si ipotizza una corrispondenza alle proprie necessità e voilà la scelta è fatta, ed il prodotto è nel carrello ovvero nell'urna.
Con l'aggravio però (per i Partiti) che il ruolo stimolato e ricercato con tanto affanno nel popolo elettore produce una “volatilità” nell'espressione politica di dimensioni notevoli, oltre ché costringere “le case produttrici del prodotto in offerta” a rincorse per apparire (essere?) più appetibili e corrispondenti alle presunte necessità dei consumatori.
Necessità costruite dal “mercato”, che spesso mascherano le reali condizioni che -se analizzate e fatte emergere- rivelerebbero fratture che richiederebbero ben altre risposte.
Le Primarie non sfuggono a questo trend.
Alcuni giorni fa Diamanti, dalle pagine de La Repubblica, tra le altre cose rifletteva sulla necessità, quasi come un residuo di impronta genetica, da parte di Partiti che provengono dalla sinistra storica italiana della ricerca del “popolo”, del bagno di folla, della legittimazione.
Scomparso il partito di massa, scomparsi i milioni di tesserati ed attivisti, non resta che affidarsi alla kermesse delle Primarie, con un occhio languido all'esperienza statunitense, senza averne minimamente la tradizione, le regole, l'attitudine storica.
Non solo: persino il corpo dirigente rischia la propria estraneità a processi che prima sovrintendeva: è di questi giorni la dichiarazione di un noto esponente del PD che rivela in una trasmissione televisiva di intrattenimento (sic!), la propria scelta di “non candidarsi alle elezioni politiche”.
Quindi con una personalizzazione della politica alla massima valenza agita attraverso uno dei più formidabili canali di comunicazione mass-mediatica.
Vi è poi l'altro aspetto, non secondario. Sposando con grande convinzione il sistema maggioritario, l'invenzione delle primarie consente a chi le governa e le propone di creare condizioni fagocitanti ed esaustive, che potremmo collocare nel solco dell'imperativo stesso della governabilità.
La volontà parrebbe essere che a sinistra vuol essere fatta tabula rasa dell'espressioni di rappresentatività di istanze che necessiterebbero d'essere portate a giusta luce, senza che debbano obbligatoriamente sottostare al principio -appunto- della governabilità (che è cosa diversa dal proporre un programma di governo).
Ecco perché risulta oggi fondamentale ricostruire un agire collettivo, non basato sulla passività, strettamente connesso ad una rinascita della cultura politica a cui consegue un'analisi e una proposta, che rifugga i meccanismi della personalizzazione, china pericolosa e prodromica a svolte autoritarie.