Analisi sulla recente decisione dell’Assemblea Regionale Siciliana
 
Ora che la Sicilia ha passato il Rubicone della cosiddetta abolizione delle province, appare opportuno analizzare meglio la questione, per evidenziare ciò che la stampa generalista non conosce e, dunque, non può dire, e spiegare il perché dell’insensatezza della legge regionale siciliana.
Intanto, occorre sgomberare il campo dal primo equivoco, derivante da una comunicazione imperfetta. La riforma siciliana non fa sparire l’ente intermedio tra regione e comuni.
Una vera e propria abolizione delle province dovrebbe determinare la cancellazione dell’ente intermedio e la ripartizione delle funzioni e competenze proprie di questo tra i due rimanenti, comuni e regione, con netta prevalenza per quest’ultima, considerando il livello sovra comunale delle competenze delle province.
La riforma siciliana, invece, non cancella l’ente intermedio, ma sostituisce alle province i “liberi consorzi”, rimodulando le competenze e funzioni dell’ente intermedio. Che, dunque, resta ben saldo.
Non solo. Al posto di 9 province, sorgeranno un numero di potenziali 33 “liberi consorzi” più tre province regionali. Non proprio un esempio di razionalizzazione per accorpamento.
Vi sono, ovviamente, voci plaudenti (calati junco, ca passa la china) alla riforma, che affermano l’esatto opposto di quanto si sta qui rilevando, come quella di Massimo Costa:
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