Con 51 voti favorevoli, 22 voti contrari ed un astenuto è stata approvata la legge che abolisce le province siciliane
 
Per non fare venire i nodi al pettine è sufficiente non riordinare i capelli. La soluzione trovata dal Governo regionale siciliano per abrogare le Province, senza affrontare i relativi problemi, è stata quella di rimandare l’acconciatura, rinviando il tutto al 31 dicembre.
La legge approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana, nella serata del 20 marzo (51 voti favorevoli, 22 voti contrari ed un astenuto), non risolve nessuna delle questioni che erano state sollevate nel momento in cui si è iniziato a parlare di abolizione delle Province.
Non dice nulla sui 6.500 dipendenti provinciali che dovrebbe transitare verso la Regione o verso i Comuni. Non chiarisce se questo passaggio avverrà in deroga ai vincoli di legge in materia di costo del personale e che conseguenze avrà sul rispetto del patto di stabilità. E’ ovvio che sarebbe necessaria una deroga espressa ma questa deve essere negoziata, quanto meno, con il Governo nazionale.
La soluzione alternativa sarebbe trasferire i dipendenti provinciali ai nascituri Liberi Consorzi dei Comuni. Delle competenze dei Liberi Consorzi, però, il ddl approvato dall’Assemblea Regionale Siciliana non parla, limitandosi a fare riferimento a generiche funzioni di governo di area vasta.
Non è detto, ad esempio, se tra queste competenze rientreranno le funzioni di tutela, protezione ed igiene ambientale e se questo comporterà il diritto dei nuovi soggetti giuridici ad incassare il relativo tributo provinciale, di cui all’articolo 19 del D.Lgs. n. 504/1992.
Così come nulla è chiarito in merito alle altre entrate tributarie provinciali, a partire dalle tasse automobilistiche.
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