di Patrizia Turchi
La noiosità della politica è evidente, pervasiva e soprattutto funzionale ad un modello autoritario.
Da mesi, se non da anni, il dibattito politico pubblico si è ridotto a ben misere cose e per altro, volutamente, di banalissima importanza.
 
Ieri era il refrein Berlusconi-anti Berlusconi, al punto che per il PD tutta la campagna elettorale appena trascorsa è stata all'insegna della smarcatura dall'avversario politico.
Smarcatura fatta di slogan ma soprattutto di mancanza di capacità d'analisi che ha segnato profondamente il crollo politico del PD, a cui lo stesso gruppo dirigente non era neppure preparato.
Due livelli si possono individuare nella fase odierna.
La prima è relativa alla assoluta inanità politica che le forze partitiche in essere hanno dimostrato.
Inanità che parte da una evidente incapacità a cogliere l'assetto geo-politico europeo e le conseguenti scelte, o meglio imposizioni, che l'UE assieme alla BCE e al FMI, ha determinato presentando quel tallone d'acciaio che sta mettendo in ginocchio intere comunità e popoli.
All'inanità si è aggiunta l'agnavia: nessuna capacità di proposta alternativa, ma adesione succube, non esplicitata ma invece nascosta orientando l'attenzione ed il brusio su questioni assolutamente marginali attinenti effetti e non causa.
Sul piano nazionale questa si è resa evidente nella campagna elettorale, tutta centrata sulla competitività non relativa a programmi ma a scelte tout-court fondate sul richiamo ventrale, già abbondantemente sollecitato al tempo delle primarie.
L'esito elettorale è stato la conseguenza: dall'impossibilità a produrre una proposta credibile, ancorchè dal proprio punto di vista, sino alla debacle rivelatasi al momento del rinnovo del mandato presidenziale: tutto il Parlamento ha abdicato alle proprie funzioni e ai propri ruoli, scegliendo di non scegliere.
Sull'altro piano assistiamo alla vera e forse unica rivelazione finalmente esplicita: l'impossibilità per le persone, quando non sono collettività ma insieme di individui, di incidere realmente. Lo strumento della rete ha dimostrato quanto sia effimera ma soprattutto inutile l'espressione singola. Espressione sollecitata dagli strumenti network ma anche dai principali organi di stampa: qual è il significato reale di indurre i “lettori” a esprimersi sulla scelta del candidato presidente del consiglio, o del ministro degli interni, piuttosto che del capo dello Stato? Che significato ha un sondaggio di tale fatta? A che serve?
Fra le tante cose dette in questi giorni una val la pena di raccogliere, ma neppure per intero: pare che Renzi abbia sentenziato che “il PD non ha bisogno di follower, ma di leader”. I fatti hanno dimostrato che i follower non possono esprimere “potere” mentre diventano mero strumento di contrapposizione, una contrapposizione di “potere interno” che sfrutta l'espressione popolare di pancia, frutto di nessuna elaborazione politica ma espressione del momento, del “sentire” ventralmente, e come si sa questa è l'antitesi della partecipazione politica.
Il PD, ma non solo, non ha bisogno di follower, su questo diamo ragione al sindaco di Firenze, ma neppure può essere contrapposto l'altro estremo proposto, perché questo (il Leader) è anch'esso frutto di una rinuncia alla politica democratica, poiché esprime invece, neppur tanto surrettiziamente, l'idea che ci sia bisogno di “uomini forti”.
L'obiettivo, alla fine, è stato raggiunto. Non sappiamo se sia l'esito cercato e/o auspicato.
Rendere appunto la politica espressione momentanea di umore, incapace di proiettarsi nel futuro, resa popolarmente spicciola, individualistica e frantumata, e nel contempo inutile nell'esito. Quindi noiosa e svilita, che produce solitudine, rabbia e allontanamento (non sappiamo se il trend dell'astensionismo, così come si è rivelato nelle ultime elezioni regionali in FVG, sarà confermato, ma dovrebbe rappresentare -comunque- un campanello d'allarme per chi ha a cuore almeno l'espressione democratica).
Tornare alla politica come luogo di elaborazione collettiva (agita in luoghi fisici e materiali preposti, fatta di confronto di analisi, basata sul riconoscimento soggettivo dell'essere in quanto parte di un insieme) pare nel contempo l'unica soluzione possibile ma anche la più complessa sul piano della realizzazione, soprattutto in una fase dove persino le migliori teste pensanti abdicano, in nome dell'immediato soddisfacimento della richiesta impulsiva, superficiale, tanto disperata quanto reale certo, ma non assestata e resa significante all'interno di un quadro di riferimento ben più ampio, e certo più faticoso. 
 
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