Dopo il «no» della Consulta il governo punta a bloccare l'indicizzazione
La pronuncia «Il contributo di solidarietà è una palese violazione dell'articolo 53 della Costituzione»
Tre giorni fa il ministro del Lavoro Enrico Giovannini è stato chiaro sulle intenzioni del governo: «Sulle pensioni d'oro non si può mettere un contributo di solidarietà perché è stato bocciato dalla Corte Costituzionale - ha detto - ma si può bloccare l'indicizzazione (ovvero l'aggiornamento Istat)». Un «blocco» - ha aggiunto - che a seconda del livello di importo al quale si fissa «può produrre effetti non trascurabili». Si ripartirà da lì, dopo che ai primi di giugno la Consulta ha stabilito senza ombra di dubbio che il contributo di solidarietà chiesto ai pensionati che prendono più di 90 mila euro lordi l'anno viola la Costituzione.

La Corte ha bocciato la norma varata nella terribile estate del 2011 dal governo Berlusconi, e poi rafforzata dal governo Monti con il «Salva Italia», che aveva introdotto, per il periodo agosto 2011- dicembre 2014, una sovrattassa temporanea sulle pensioni più alte, con l'obiettivo della «stabilizzazione finanziaria», di evitare cioè il rischio default. In questo caso, i giudici hanno stabilito che il contributo di solidarietà fosse una palese violazione dell'articolo 53 della Carta Costituzionale, che fissa un principio molto semplice: ogni italiano deve pagare una quantità di tasse in proporzione alla propria capacità contributiva. Chi guadagna di più, insomma, deve pagare di più. In base a questo articolo, però, non è neppure ammissibile che un pensionato che incassa dall'Inps una determinata cifra, debba subire un prelievo più alto di un cittadino lavoratore dipendente o autonomo che dichiara lo stesso reddito. Dunque, sempre secondo la Consulta, non è possibile usare due pesi e due misure: o si tassano tutti i redditi alti o non si tassa nessuno.

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