Il titolare dell'inchiesta su Abu Omar: "C'è ancora Guantanamo, gli Stati Uniti non sono cambiati".
MILANO - La premessa non è polemica: "È tra le prerogative dello Capo dello Stato concedere la grazia". La spiegazione, però, è molto più graffiante: "Leggendo il comunicato del Quirinale, i presupposti su cui si basa suscitano più di una perplessità".
A tre giorni dalla grazia che il presidente Giorgio Napolitano ha concesso all'ufficiale americano Joseph Romano - condannato a 5 anni per il rapimento dell'imam Abu Omar - il titolare dell'inchiesta, l'ex procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro, rompe il silenzio. Nel suo commento - durante un convegno organizzato all'Università Cattolica di Milano - nonostante i toni pacati, non ci sono carezze per il Colle. Perché se il magistrato milanese da un lato si è detto "favorevolmente colpito dalla conoscenza del caso del presidente", dall'altro sottolinea come bisognerebbe vedere "se il governo statunitense ha realmente cambiato politica in tema di extraordinary rendition". di Emilio Randacio >>> Prosegui la lettura su repubblica.it
La riforma Fornero ha avuto un “impatto devastante” sul sistema giudiziario italiano. Fabio Rusconi, presidente dell’Agi, Associazione degli avvocati giuslavoristi italiani, riassume così gli effetti della legge, che ha “generato caos negli uffici giudiziari”, introducendo una riduzione obbligatoria dei tempi dei processi, un aumento delle fasi di giudizio e una corsia preferenziale per le cause di licenziamento.
“Premesso che non voglio dare giudizi politici sui contenuti della riforma del lavoro e che non è pensabile attribuire l’ondata di licenziamenti registrati dallo stesso ministero del welfare proprio alla riforma Fornero, va detto che l’impatto devastante è quello che la riforma del processo del lavoro produce su tutti gli uffici giudiziari, ora costretti, con gli stessi organici di prima, a un super lavoro sulle cause di licenziamento, a scapito spesso delle altre cause di lavoro”, spiega Rusconi a Labitalia.
Il flop della riforma Fornero, che dopo nove mesi ha portato a un aumento di licenziati e precari, è stato confermato dai dati degli ultimi giorni: oltre 1 milione di licenziamenti nel 2012 e 1,6 milioni di “scoraggiati” che hanno gettato la spugna.
A un mese dall’esito delle elezioni è apparsa impossibile la formazione di un nuovo governo. In questa sede non interessa rimarcare le responsabilità delle singole forze politiche (certo che un po’ d’ironia sulla certezza di vittoria sbandierata dal PD nei mesi scorsi la si potrebbe pur fare).
Interessa, invece, rimarcare alcuni dati di fondo che emergono da una possibile valutazione di fase
1) C’è grande preoccupazione per l’andamento dei mercati, ma non altrettanta preoccupazione è stata dimostrata, almeno a leggere la ridda di dichiarazioni rilasciate in questi giorni dai diversi esponenti dei partiti, sulle condizioni materiali di vita dei ceti sociali maggiormente impoveriti dalla crisi. Tanto per fare un esempio spicciolo: è giusta l’accelerazione dei tempi circa il pagamento dei debiti della P.A verso le imprese; ma, nel frattempo, nulla si è mosso al riguardo degli esodati e mancano i fondi per il pagamento della Cassa Integrazione per migliaia e migliaia di lavoratori;
Oggi, in Prima Sezione della Corte di Cassazione, si è discusso il ricorso promosso da 27 cittadini elettori per far affermare il loro diritto di votare secondo Costituzione, diritto non assicurato dalla legge elettorale vigente, non per niente denominata il "porcellum".
"La Corte Costituzionale è dal 2008 che chiede che la legge elettorale le sia sottoposta, oggi si è fatto un passo avanti" ha dichiarato l'On. Avv. Felice Besostri*, che ha discusso il ricorso, il cui primo firmatario è l'avv. ALDO BOZZI.
Con 51 voti favorevoli, 22 voti contrari ed un astenuto è stata approvata la legge che abolisce le province siciliane
Per non fare venire i nodi al pettine è sufficiente non riordinare i capelli. La soluzione trovata dal Governo regionale siciliano per abrogare le Province, senza affrontare i relativi problemi, è stata quella di rimandare l’acconciatura, rinviando il tutto al 31 dicembre.
La legge approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana, nella serata del 20 marzo (51 voti favorevoli, 22 voti contrari ed un astenuto), non risolve nessuna delle questioni che erano state sollevate nel momento in cui si è iniziato a parlare di abolizione delle Province.
Non dice nulla sui 6.500 dipendenti provinciali che dovrebbe transitare verso la Regione o verso i Comuni. Non chiarisce se questo passaggio avverrà in deroga ai vincoli di legge in materia di costo del personale e che conseguenze avrà sul rispetto del patto di stabilità. E’ ovvio che sarebbe necessaria una deroga espressa ma questa deve essere negoziata, quanto meno, con il Governo nazionale.
La soluzione alternativa sarebbe trasferire i dipendenti provinciali ai nascituri Liberi Consorzi dei Comuni. Delle competenze dei Liberi Consorzi, però, il ddl approvato dall’Assemblea Regionale Siciliana non parla, limitandosi a fare riferimento a generiche funzioni di governo di area vasta.
Non è detto, ad esempio, se tra queste competenze rientreranno le funzioni di tutela, protezione ed igiene ambientale e se questo comporterà il diritto dei nuovi soggetti giuridici ad incassare il relativo tributo provinciale, di cui all’articolo 19 del D.Lgs. n. 504/1992.
Così come nulla è chiarito in merito alle altre entrate tributarie provinciali, a partire dalle tasse automobilistiche.