In tanti chiedevano-urlavano di chiudere tutto ciò che non era essenziale, lui ha raccolto l'invito, l'ha fatto, ma sostanzialmente è rimasto tutto come il giorno prima.
Del resto, se solo si prova ad elencare ciò che potrebbe essere indispensabile per la tenuta del servizio ospedaliero, anche poltrone e sofà è un'attività essenziale.
Insomma, ancora una volta si è persa l’occasione per mettere Conte, ma anche i vertici delle Regioni, di fronte alle proprie responsabilità.
Dall'inizio delle misure restrittive, cosa si è veramente fatto per tutelare la salute dei lavoratori impegnati nelle attività ancora in funzione?
Come ci si è organizzati per avere più sicurezza nei mezzi pubblici che i lavoratori utilizzano per recarsi al lavoro per il bene di tutti?
Che senso ha imporre il distanziamento sociale e poi avere la mattina gli autobus affollati?
Quali risorse andavano e vanno messe in campo per verificare che i posti di lavoro non siano luoghi insicuri per i lavoratori e per la facile diffusione del virus?
Per riassumere tutto in una sola domanda: quanto sarebbe stato meglio approfondire quest'ultimo tema, con tanto di numeri, uomini e mezzi da domani dispiegati sul territorio per vigilare e far rispettare le misure restrittive anche nei luoghi di lavoro, anziché tutti in coro a chiedere di chiudere ciò che è già chiuso sin dai primi provvedimenti?
Ma per questa domanda che nessuno ha posto-urlato, nulla di più normale che non sia arrivata alcuna risposta.
O meglio, normale non è normale.
Ma in un Paese dove gli spot elettorali contano più dei contenuti, arrivederci al prossimo sondaggio e tifosi da accontentare.
Franco Ragusa