In un Paese civile, un evento senza precedenti nella storia degli stati, come la declaratoria di incostituzionalità del sistema di elezione del Parlamento – cioè della legge che sancisce la forma di stato e inerisce alla forma di governo - avrebbe determinato, immediatamente e senza alcuna esitazione, lo scioglimento immediato delle assemblee elette con quel sistema. Con l’assoluta sicurezza della legittimità del sistema elettorale col quale sarebbero state elette le nuove Camere, stante la fortuna di disporre di un meccanismo elettorale di risulta costituzionalmente corretto e immediatamente utilizzabile, depurato com’è delle disposizioni illegittime. Siamo, invece, in Italia. Ci tocca quindi constatare che le due Camere del Parlamento restano, spavaldamente, in carica. Per giunta si apprestano a riformare addirittura la Costituzione ed intanto a provvedersi di un altro sistema elettorale. A proporlo sono stati due personaggi ambedue sprovvisti di potere propositivo legale. Uno perché condannato per truffa a danno dello stato ed interdetto dai pubblici uffici, l’altro perché era titolare di una carica che lo rendeva incompatibile col mandato parlamentare. Ambedue in preda all’ossessione di acquisire, esercitare e incrementare potere personale, anche calpestando norme e principi. Ma non basta. Ad integrare la devastazione giuridica, politica e morale che sta attraversando la nostra Repubblica, si aggiunge il tipo di sistema elettorale che propugnano i due usurpatori dei diritti dei componenti delle due Camere. Sistema che riproduce sfacciatamente le incostituzionalità già accertate dalla Corte, le riveste e le imbelletta con sguaiata volgarità.
Come al solito la politica interpreta secondo le proprie convenienze le dichiarazioni degli altri. Così, volendo perseguire la strada di una rapida approvazione della legge elettorale, si è voluto sottolineare la parte meno significativa della relazione del presidente della Corte costituzionale. È, infatti, del tutto evidente che non può essere la Consulta a scrivere la legge elettorale ed essa si è dunque “limitata a dichiarare costituzionalmente illegittime alcune norme” sottoposte al suo sindacato; pertanto, si può ben affermare che “l’arco delle scelte del legislatore [rimane] molto ampio”. Ciò non vuol dire però che il parlamento possa adottare qualsiasi nuovo sistema di elezione.
Con gli ultimi provvedimenti in materia di enti amministrativi (scomparsa delle Circoscrizioni cittadine e delle Province), ma soprattutto con le vicende di governo, pare si vada senza remore verso l'idea che le elezioni siano inutili e che producano step superflui all'azione esecutiva.
E se dopo aver letto i numeri la legge elettorale sarda e l'elezione diretta dei Presidenti di Regione vi sembreranno, nell'insieme, una grande scemata... tranquilli, potrete dire di avere i numeri dalla vostra parte.
Affluenza (voglia di partecipare):
Su 1.480.332 elettori hanno votato solo in 774.939, cioè il 52,34%.
Ultimo aggiornamento: 12-2-2014 Dopo la sentenza della Corte Costituzionale contro il Porcellum, per poter acquisire il premio di maggioranza non è più sufficiente arrivare primi, ma si deve raggiungere anche una soglia minima di voti. Per superare questo rilievo, l'italicum di Renzi e Berlusconi, a seguito degli ultimi emendamenti presentati dal relatore Sisto, prevede l'assegnazione del premio di maggioranza, a condizione che chi arrivi primo abbia ottenuto non meno del 37% dei voti validi. Laddove nessuna lista o coalizione riesca a raggiungere questo 37%, le prime due vanno al ballottaggio, con l'assegnazione di 321 seggi alla coalizione o lista vincente. Ma come e perché lo stesso numero minimo di voti non dovrebbe essere altrettanto necessario, come requisito minimo indispensabile, per poter acquisire il premio di maggioranza dopo il ballottaggio? Se il ballottaggio costituisce, infatti, un perfezionamento della volontà elettorale, questo perfezionamento, per essere completo ai fini dell'assegnazione del premio, deve necessariamente far riferimento, come requisito indispensabile, anche allo stesso numero minimo di voti (voti effettivi e non le astratte percentuali che potrebbero nascondere un'eventuale scarsa partecipazione degli elettori al secondo turno) che sarebbe stato necessario ottenere al primo turno ai fini dell'assegnazione del premio. Se così non fosse, ci troveremmo di fronte ad un trucco per aggirare la necessità della soglia richiesta dalla sentenza della Consulta, Se si condivide, un mail ai parlamentari non costa nulla.