La riforma Fornero ha avuto un “impatto devastante” sul sistema giudiziario italiano. Fabio Rusconi, presidente dell’Agi, Associazione degli avvocati giuslavoristi italiani, riassume così gli effetti della legge, che ha “generato caos negli uffici giudiziari”, introducendo una riduzione obbligatoria dei tempi dei processi, un aumento delle fasi di giudizio e una corsia preferenziale per le cause di licenziamento.
“Premesso che non voglio dare giudizi politici sui contenuti della riforma del lavoro e che non è pensabile attribuire l’ondata di licenziamenti registrati dallo stesso ministero del welfare proprio alla riforma Fornero, va detto che l’impatto devastante è quello che la riforma del processo del lavoro produce su tutti gli uffici giudiziari, ora costretti, con gli stessi organici di prima, a un super lavoro sulle cause di licenziamento, a scapito spesso delle altre cause di lavoro”, spiega Rusconi a Labitalia.
Il flop della riforma Fornero, che dopo nove mesi ha portato a un aumento di licenziati e precari, è stato confermato dai dati degli ultimi giorni: oltre 1 milione di licenziamenti nel 2012 e 1,6 milioni di “scoraggiati” che hanno gettato la spugna.
A un mese dall’esito delle elezioni è apparsa impossibile la formazione di un nuovo governo. In questa sede non interessa rimarcare le responsabilità delle singole forze politiche (certo che un po’ d’ironia sulla certezza di vittoria sbandierata dal PD nei mesi scorsi la si potrebbe pur fare).
Interessa, invece, rimarcare alcuni dati di fondo che emergono da una possibile valutazione di fase
1) C’è grande preoccupazione per l’andamento dei mercati, ma non altrettanta preoccupazione è stata dimostrata, almeno a leggere la ridda di dichiarazioni rilasciate in questi giorni dai diversi esponenti dei partiti, sulle condizioni materiali di vita dei ceti sociali maggiormente impoveriti dalla crisi. Tanto per fare un esempio spicciolo: è giusta l’accelerazione dei tempi circa il pagamento dei debiti della P.A verso le imprese; ma, nel frattempo, nulla si è mosso al riguardo degli esodati e mancano i fondi per il pagamento della Cassa Integrazione per migliaia e migliaia di lavoratori;
Oggi, in Prima Sezione della Corte di Cassazione, si è discusso il ricorso promosso da 27 cittadini elettori per far affermare il loro diritto di votare secondo Costituzione, diritto non assicurato dalla legge elettorale vigente, non per niente denominata il "porcellum".
"La Corte Costituzionale è dal 2008 che chiede che la legge elettorale le sia sottoposta, oggi si è fatto un passo avanti" ha dichiarato l'On. Avv. Felice Besostri*, che ha discusso il ricorso, il cui primo firmatario è l'avv. ALDO BOZZI.
Con 51 voti favorevoli, 22 voti contrari ed un astenuto è stata approvata la legge che abolisce le province siciliane
Per non fare venire i nodi al pettine è sufficiente non riordinare i capelli. La soluzione trovata dal Governo regionale siciliano per abrogare le Province, senza affrontare i relativi problemi, è stata quella di rimandare l’acconciatura, rinviando il tutto al 31 dicembre.
La legge approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana, nella serata del 20 marzo (51 voti favorevoli, 22 voti contrari ed un astenuto), non risolve nessuna delle questioni che erano state sollevate nel momento in cui si è iniziato a parlare di abolizione delle Province.
Non dice nulla sui 6.500 dipendenti provinciali che dovrebbe transitare verso la Regione o verso i Comuni. Non chiarisce se questo passaggio avverrà in deroga ai vincoli di legge in materia di costo del personale e che conseguenze avrà sul rispetto del patto di stabilità. E’ ovvio che sarebbe necessaria una deroga espressa ma questa deve essere negoziata, quanto meno, con il Governo nazionale.
La soluzione alternativa sarebbe trasferire i dipendenti provinciali ai nascituri Liberi Consorzi dei Comuni. Delle competenze dei Liberi Consorzi, però, il ddl approvato dall’Assemblea Regionale Siciliana non parla, limitandosi a fare riferimento a generiche funzioni di governo di area vasta.
Non è detto, ad esempio, se tra queste competenze rientreranno le funzioni di tutela, protezione ed igiene ambientale e se questo comporterà il diritto dei nuovi soggetti giuridici ad incassare il relativo tributo provinciale, di cui all’articolo 19 del D.Lgs. n. 504/1992.
Così come nulla è chiarito in merito alle altre entrate tributarie provinciali, a partire dalle tasse automobilistiche.
Analisi sulla recente decisione dell’Assemblea Regionale Siciliana
Ora che la Sicilia ha passato il Rubicone della cosiddetta abolizione delle province, appare opportuno analizzare meglio la questione, per evidenziare ciò che la stampa generalista non conosce e, dunque, non può dire, e spiegare il perché dell’insensatezza della legge regionale siciliana.
Intanto, occorre sgomberare il campo dal primo equivoco, derivante da una comunicazione imperfetta. La riforma siciliana non fa sparire l’ente intermedio tra regione e comuni.
Una vera e propria abolizione delle province dovrebbe determinare la cancellazione dell’ente intermedio e la ripartizione delle funzioni e competenze proprie di questo tra i due rimanenti, comuni e regione, con netta prevalenza per quest’ultima, considerando il livello sovra comunale delle competenze delle province.
La riforma siciliana, invece, non cancella l’ente intermedio, ma sostituisce alle province i “liberi consorzi”, rimodulando le competenze e funzioni dell’ente intermedio. Che, dunque, resta ben saldo.
Non solo. Al posto di 9 province, sorgeranno un numero di potenziali 33 “liberi consorzi” più tre province regionali. Non proprio un esempio di razionalizzazione per accorpamento.
Vi sono, ovviamente, voci plaudenti (calati junco, ca passa la china) alla riforma, che affermano l’esatto opposto di quanto si sta qui rilevando, come quella di Massimo Costa:
Alla Camera il centrosinistra con il 29,5% dei voti ha preso il 55% dei seggi, quasi il doppio Al Tar già sollevata la questione di incostituzionalità di Cesare Maffi
Il porcellum è incostituzionale? Molti ritengono che la legge n. 270 del 21 dicembre 2005 messa a punto dall'allora ministro delle riforme Roberto Calderoli lo sia, almeno in un punto fondamentale: l'assegnazione dei premi di maggioranza (unico e nazionale, alla camera; diciassette e regionali, al senato) senza la fissazione di un quorum percentuale da superare.
Dalla loro gli avversari del porcellum vantano un richiamo della Corte Costituzionale, nella sentenza n.15 del 2008.
Esprimendosi su una proposta referendaria, e quindi non potendo fornire una sorta di giudizio anticipato d'incostituzionalità, il giudice delle leggi asserì di sentire il «dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi». In effetti, il fatto che sia sufficiente, a una lista o a una coalizione, arrivare in prima posizione per aggiudicarsi un premio di maggioranza ha prodotto risultati abnormi in queste elezioni. Alla Camera il centro-sinistra, col 29,5%, ha ottenuto il 55% dei seggi: un dovizioso premio superiore al 25%. Si noti che il dibattito, in sede di riforma elettorale, girava pure intorno alla soglia minima, spaziando da un po' più del 30% al 35% al 40% al 42%, ma nessuno postulava mai che si potesse scendere sotto il 30%.
Quanto alle circoscrizioni del Senato, in due regioni la coalizione vincente è rimasta sotto il 30%: il centro-sinistra in Piemonte e il centro-destra in Abruzzo. Fra il 30% e il 35%, poi, abbondano le regioni con maggioranze dell'uno o dell'altro schieramento.
La Suprema corte ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato da Massimo Ciancimino, imputato nel procedimento sulla trattativa Stato-mafia. Per il momento le registrazioni delle telefonate tra Nicola Mancino e Giorgio Napolitano non saranno distrutte
PALERMO - La corte di Cassazione ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato dagli avvocati di Massimo Ciancimino contro la decisione del giudice per le indagini preliminari di distruggere senza il contraddittorio tra le parti, le intercettazioni delle telefonate tra l'ex ministro Nicola Macino e il capo dello Stato. L'impugnazione sarà valutata, ora, nel merito dalla sesta sezione della suprema corte il 18 aprile. Slitta, dunque, la distruzione delle intercettazioni fissata per il 13 marzo.
Causa disinformazione imperante sull'argomento, soltanto in pochi sanno che dal 2008 ad oggi i tentativi di far arrivare il Porcellum innanzi alla Corte Costituzionale sono stati più d'uno. Vista, infatti, la preclusione dei giudici amministrativi a trasmettere la questione alla Corte Costituzionale, con l’iniziativa dell’avv. Bozzi e con la sua regia venne in seguito proposta un’azione ordinaria di accertamento del diritto per un cittadino italiano di votare in conformità alla Costituzione.