Era già successo con il ricorso presentato 5 anni fa da tre avvocati: mentre in pubblico l'allora Ministro dell'Interno Amato criticava duramente il criterio di assegnazione del premio di maggioranza, dichiarando che la Legge Acerbo era meglio del Porcellum, nelle segrete stanze dava però mandato all'Avvocatura dello Stato di intervenire contro chi stava ricorrendo per esigere il rispetto di un principio sin troppo banale: tutte le leggi dello Stato, ma soprattutto la legge elettorale, debbono poter essere sottoposte all'esame di costituzionalità laddove si evidenzino palesi elementi di contrasto con la Costituzione (si veda La legge elettorale può violare la Costituzione? L'incredibile caso del "Dottor Amato e Mister Hide").
Oggi come allora, anche il Governo Monti è intervenuto nelle segrete stanze per affermare il principio che nessuno può e deve interferire con i voleri della Casta.
L’Avv. Felice Besostri ha presentato atto di intervento ad adiuvandum nel ricorso contro il Porcellum promosso dall’elettore Franco Ragusa e per il quale il Tar del Lazio ha fissato udienza per il 29 gennaio 2013 (R.G. 651/2013).
Nell’atto di intervento (vedi PDF) l’Avv. Besostri richiama l’attenzione del Collegio, oltre che sull’attribuzione di un premio di maggioranza sino al raggiungimento del 55% dei seggi senza la previsione di una soglia minima di voti e/o di seggi da dover conseguire, su altre norme e/o parti della legge elettorale che violano gli articoli della Costituzione richiamati dal ricorrente principale e che potrebbero essere sollevate d’ufficio con remissione alla Corte Costituzionale affinché si pronunci.
Non ho nessun dubbio, sia sul piano teorico che giuridico, infatti, sulla incostituzionalità di questo sistema elettorale, che pone su piani diversi (su un piano quantitativo, che diventa persino iniquamente qualitativo) il voto stesso dei cittadini, distorcendo gravemente l'impianto costituzionale della rappresentanza della sovranità popolare.
Tutti contro il Porcellum, tutti a lamentare questo o quel difetto, ma poco o nulla si sa del ricorso intentato presso il TAR del Lazio dal curatore del sito Riforme Istituzionali, Franco Ragusa.
Costretti, quindi, più per dovere verso “il capo” che per la voglia di metterci la faccia, abbiamo deciso di intervistarlo noi.
Riforme: Allora Ragusa, il Tar del Lazio ha fissato l’udienza per il 29 gennaio. Nonostante i molti tentativi per sollecitare un po’ di attenzione, nessuno ne parla. Non è che forse sì, non c’è molto di cui parlare?
F. Ragusa: Probabilmente sì, forse si tratta di un tentativo così sconclusionato che neanche vale la pena di perderci un minuto.
È però curioso che non si trovi il tempo per interrogarsi ed informare su quelle che sono le domande alle quali, attraverso questo ricorso, si sta cercando di trovare una risposta.
Il ministro degli Esteri Terzi ha dichiarato che l'Italia offrirà "supporto logistico all'operazione in Mali".
La disponibilità è stata motivata con la necessità di "evitare il consolidamento di una presenza terroristica che minaccia il Paese".
Non abbiamo mai visto una guerra che abbia fermato il terrorismo, ma abbiamo visto il contrario: il terrorismo e la violenza che vengono alimentati dall'intervento militare e dall'occupazione straniera. L'esito del conflitto afgano è l'esempio sotto gli occhi di tutti.
Sentenza difficile per i giudici costituzionali, chiamati a dare soluzione dignitosa a un imbarazzante conflitto, stretti tra due esigenze non sempre componibili: decidere lo specifico caso in modo da non deludere le molte attese e riaffermare principi generali per non ipotecare il futuro. Qualche contraddizione era inevitabile.
L'Associazione per la Democrazia Costituzionale, consapevole che nell'attuale momento elettorale le questioni di principio sono destinate a cadere in secondo piano di fronte ai calcoli elettoralistici, ritiene più che mai doveroso rimanere vigili di fronte ad ogni atteggiamento in grado di alimentare la cultura maggioritaria e leaderistica e, quindi, l'ulteriore corruzione del delicato e complesso sistema degli equilibri democratici e costituzionali.
È giusto votare con una legge elettorale incostituzionale? Il Porcellum, è costituzionale? Forse sì, forse no, molto probabilmente no. Nulla di più normale che su questo si pronunci la Corte Costituzionale. Ma proprio qui sta il problema. Come attivare il sindacato di costituzionalità? Già altre volte si è tentato ma è andata male, perché la giustizia ordinaria e amministrativa hanno dichiarato di non poter intervenire in materia di legge elettorale, neanche, appunto, per sollevare la questione di legittimità.
Nel frattempo sono però sopraggiunti elementi nuovi , ed è per questo che è stato presentato un nuovo ricorso al TAR del Lazio (in coda all'articolo), con il chiaro obiettivo di far giungere la questione di legittimità costituzionale della legge elettorale all'Organo preposto, la Corte Costituzionale.
In questi ultimi giorni si è prodotto molto, un articolo al giorno.
Domani non ci saranno, però, nuovi editoriali o nuovi approfondimenti.
Ma ciò non vuol dire che oggi sia stata una giornata senza stimoli o di riposo.
Anzi, abbiamo lavorato di più, in rete, chi a Roma e chi altrove per motivi di lavoro, per chiudere il ricorso che domani presenteremo al TAR del Lazio contro l'incostituzionalità del Porcellum.
Sappiamo già che daremo fastidio a molti e che verremo attaccati da destra come da sinistra, e con ogni probabilità anche da Grillo.
Ma come già scritto in altre occasioni, Riforme Istituzionali si occupa di diritti, senza alcun riguardo per gli opportunismi politici del momento.
Lunga ed ampiamente argomentata la sentenza della Corte Costituzionale, la prima del 2013, sul conflitto di Attribuzione sollevato dal Presidente Napolitano nei confronti della Procura di Palermo e sul quale i giudici costituzionali si erano già sommariamente espressi dichiarandolo fondato, in quanto "non spettava ai PM di valutare la rilevanza delle intercettazioni, né di omettere di chiederne al giudice l’immediata distruzione ai sensi dell’articolo 271 del codice di procedura penale".
Uno sforzo notevole quello compiuto dalla Corte Costituzionale, ma non per questo del tutto convincente. Anzi, rimane forte l'impressione che sull'esito del giudizio abbiano pesato considerazioni di opportunità politica.
Non possono sfuggire a nessuno, del resto, le drammatiche conseguenze che vi sarebbero state nel caso la Consulta si fosse pronunziata contro le ragioni del conflitto sollevato dal Presidente Napolitano; in una fase, peraltro, dagli equilibri politico-istituzionali estremamente fragili.
Ma a rafforzare i dubbi sono soprattutto le poche righe a conclusione della sentenza, di segno totalmente opposto alle tantissime parole spese in precedenza.