Riguardo gli eventi e i materiali segnalati, ritenuti utili per l'approfondimento e la discussione, il sito Riforme Istituzionali potrebbe avere opinioni divergenti.
21-07-2012 Gianni Ferrara su ilmanifesto.it La discussione sul conflitto di attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica nei confronti della Procura di Palermo, è di indubbia rilevanza. Lo è in sé. Lo è per lo sconcerto che potrebbe aver determinato nell'opinione pubblica. La Magistratura, la Presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale si sono poste come argini alla devastazione dello stato di diritto programmata e perpetrata da un Presidente del consiglio e da maggioranze di governo che per quasi un ventennio hanno usato il potere pubblico per fini privati, i poteri legali per fini illegali. Il timore della rottura di questa triade della garanzia dei diritti e degli equilibri costituzionali è spiegabile. Ma, per fortuna, è infondato. I costituzionalisti intervenuti concordi su questo e su altri giornali lo hanno dimostrato. C'è qualche ulteriore motivazione.
Il ricordo del 25 Luglio 1943, che proponiamo in quest’occasione da uno specifico punto di vista, non può essere riservato semplicemente alla narrazione dei fatti che portarono alla caduta del fascismo, attraverso quella che generalmente viene ricordata come "una congiura di palazzo". Appare importante, proprio in questa fase di vero e proprio "sfrangiamento" del nostro sistema politico, valutare anche i fatti di quel giorno fatidico alla luce di quanto accaduto nei successivi fondamentali passaggi dell'8 Settembre 1943 e del 25 Aprile 1945 sotto l'aspetto del dibattito e delle relative scelte che si svilupparono e furono adottate in funzione della costruzione/ricostruzione della democrazia in Italia.
In nome delle politiche di austerità e di liberalizzazione del mercato del lavoro volute dall’UE, il governo di ‘impegno nazionale’ cancellando l’articolo 18 realizza ciò che fu impedito al governo Berlusconi. Il disegno di legge Monti-Fornero nega il diritto alla reintegra in caso di licenziamento illegittimo, e completa la restaurazione di un regime autoritario nelle fabbriche e negli uffici. La Costituzione, 42 anni fa, con lo Statuto dei diritti entrava nei luoghi di lavoro, oggi ne verrebbe ricacciata.
ALLE PARLAMENTARI E AI PARLAMENTARI DEL PARTITO DEMOCRATICO
Le Camere si accingono a discutere un disegno di legge di riforma del mercato del lavoro che viene propagandata come inevitabile, e viene giustificata con il fatto che ad oggi in Italia un imprenditore in gravi difficoltà economiche non possa ridurre il proprio personale.
Quali deputati e senatori del PD, saprete sicuramente che quanto sopra non corrisponde a verità, in quanto il nostro ordinamento prevede espressamente la possibilità di licenziare per motivi economici, essendo previsto il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (fino a 5 dipendenti) o collettivo (oltre i 5 dipendenti) e che la stessa OCSE pone l'Italia al di sotto della media europea per quanto attiene agli indici della rigidità in uscita.
Con una inammissibile precipitazione il Senato ha approvato in commissione un disegno di legge di riforma costituzionale che s´intende portare in aula già martedì prossimo. Ma la Costituzione non può essere profondamente mutata senza una vera discussione pubblica, senza che i cittadini adeguatamente informati possano far sentire la loro voce. E´ inaccettabile che la richiesta di partecipazione, così forte ed evidente proprio in questo momento, venga ignorata proprio quando si vuole addirittura modificare l´intero edificio costituzionale. I cittadini, che negli ultimi tempi sono tornati a guardare con fiducia alla Costituzione, non possono essere messi di fronte a fatti compiuti.
Di Stefano Rodotà, La Repubblica - Berlusconi ha deciso di far saltare il tavolo delle riforme costituzionali proponendo addirittura l´abbandono della Repubblica parlamentare e il passaggio a quella presidenziale. Non è una mossa imprevista, perché da sempre ha considerato la Costituzione come un terreno di scorrerie, una merce di scambio, un oggetto odiato, dunque da aggredire tutte le volte che se ne presenta l´occasione. Ma questa volta vi è qualcosa di più. La proposta dell´elezione diretta del presidente della Repubblica è un evidente tentativo di uscire dalle difficoltà politiche nelle quali è piombato, cercando di volgere a suo favore l´onda populista che percorre l´Italia e rilanciando se stesso come protagonista di questa nuova fase, spostando così i termini della discussione interna al suo partito nella speranza di una rinnovata unificazione intorno alla sua persona.