Prima Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati 14/01/2014
Ringrazio il Presidente della Commissione, che mi dato questa opportunità, e il Gruppo di SEL, che mi ha indicato. Spero ardentemente che attraverso queste audizioni la Commissione Affari Costituzionali e l’aula siano in grado di licenziare un testo di legge elettorale, che non costringa i cittadini elettori ad impugnarlo per contrasto con la Costituzione, che affida la sovranità al popolo (art. 1 Cost.) con l’unico limite del rispetto della Costituzione: in una democrazia parlamentare rappresentativa la partecipazione alle elezioni è la massima espressione della volontà popolare. E’ nell’interesse di tutti evitare il ripetersi di un’Odissea giudiziaria, che in alcuni momenti è stata un vero e proprio Calvario, come quella che ha condotto la Corte Costituzionale ad annullare in parte qua disposizioni significative dei TT.UU. per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica introdotte con la legge n. 270 del 2005.
(ultimo aggiornamento: 18/01/2014) Pur nella relativa semplicità delle questioni sottoposte al suo esame, la sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, che ha finalmente cassato alcune parti del Porcellum, verrà sicuramente ricordata non tanto per la chiarezza, quanto per alcune complicazioni interpretative di troppo.
In primo luogo i criteri adottati per lo scrutinio di proporzionalità e ragionevolezza per decidere sul premio di maggioranza del Porcellum, attraverso la verifica “che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale.”
Come inizio non c'è male, visto il labile confine facilmente variabile, in quanto “Tale giudizio deve svolgersi «attraverso ponderazioni relative alla proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalità rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti”.
Si tratta cioè di “valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi.”
Lunga ed ampiamente argomentata la sentenza della Corte Costituzionale, la prima del 2013, sul conflitto di Attribuzione sollevato dal Presidente Napolitano nei confronti della Procura di Palermo e sul quale i giudici costituzionali si erano già sommariamente espressi dichiarandolo fondato, in quanto "non spettava ai PM di valutare la rilevanza delle intercettazioni, né di omettere di chiederne al giudice l’immediata distruzione ai sensi dell’articolo 271 del codice di procedura penale".
Uno sforzo notevole quello compiuto dalla Corte Costituzionale, ma non per questo del tutto convincente. Anzi, rimane forte l'impressione che sull'esito del giudizio abbiano pesato considerazioni di opportunità politica.
Non possono sfuggire a nessuno, del resto, le drammatiche conseguenze che vi sarebbero state nel caso la Consulta si fosse pronunziata contro le ragioni del conflitto sollevato dal Presidente Napolitano; in una fase, peraltro, dagli equilibri politico-istituzionali estremamente fragili.
Ma a rafforzare i dubbi sono soprattutto le poche righe a conclusione della sentenza, di segno totalmente opposto alle tantissime parole spese in precedenza.
Modifiche alla Parte seconda della Costituzione concernenti le Camere del Parlamento e la forma di governo
Testo votato in prima deliberazione dal Senato, 25 luglio 2012
Elezione diretta del presidente della Repubblica - semipresidenzialismo; riduzione di circa il 20% del numero dei parlamentari; riforma del bicameralismo perfetto; corsie legislative privilegiate per il Governo