Siamo alle solite. La Cassazione decide di sollevare la questione di costituzionalità della legge elettorale, inviando gli atti alla Consulta, ma di approfondire le conseguenze che, logicamente, da questa decisione dovrebbero discendere, non se ne parla proprio.
Di fatto siamo già alla “mezza notizia”, utile solo per sostenere, con buona pace dell’interesse dei cittadini, i soliti interessi di parte: se la legge elettorale potrebbe essere incostituzionale, la si cambia senza neanche attendere la Consulta e il problema non c’è più.
Per cui, anziché prendere atto che l’attuale Parlamento potrebbe essere il frutto di una legge elettorale incostituzionale, quindi scarsamente legittimato ad intervenire su “questioni di sistema”, è iniziata la gara per affrettare i tempi: e quale miglior soluzione se non quella di ritornare, come chiedevano i firmatari del referendum non ammesso dalla Consulta lo scorso anno, alla precedente legge elettorale, il Mattarellum? Senza il 25% di quota proporzionale, poi, sarebbe anche meglio.
C’è un luogo comune che imperversa in gran parte dei commenti dei più illustri analisti di questioni elettorali: è tutta colpa del Porcellum, cioè della lotteria con la quale vengono assegnati i diversi premi regionali, se il Senato non è in grado di esprimere, rispetto alla Camera dei Deputati, una maggioranza stabile.
Vero, ma solo in piccola parte. Anzi no, in piccolissima parte.
Che il sistema elettorale preveda l’elezione del Senato su base regionale, infatti, sta scritto sulla Costituzione; così come c'è pure scritto che per le due Camere votano due corpi elettorali diversi.
Tant’è che è sempre stato così, sia con il Mattarellum in vigore dal 1993 al 2005, e sia con la precedente legge elettorale proporzionale.
La regione Lombardia, ad esempio, ha sempre avuto il più alto numero di seggi senatoriali, così come, da sempre, gli elettori lombardi non hanno mai mischiato i propri voti per il Senato con quello proveniente dalle altre regioni.
Nel 2008 il ricorso contro il Porcellum venne liquidato molto velocemente.
Ma grazie a quel ricorso fu possibile argomentare con forza le proteste presentate in sede di seggio elettorale prima; gli esposti che chiedevano alle Camere di pronunziarsi su quelle proteste poi.
Ed è proprio a seguito del pronunziamento delle Camere che è stato infine presentato un nuovo ricorso per il quale, diversamente dal precedente, lo stesso collegio ha ritenuto necessario rinviare ad "un approfondito esame nell’opportuna sede di trattazione della causa nel merito".
Per dirla in parole povere, a seconda dei punti di vista, un bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno.
Per quanto ci riguarda lo consideriamo un primo successo, in quanto, per la prima volta, non è stato opposto il difetto di giurisdizione.
In risposta alla memoria difensiva prodotta dall’Avvocatura Generale dello Stato, che prioritariamente fa riferimento alla decisione 13.3.2008 n. 1053 del Consiglio di Stato, è sufficiente evidenziare il mancato approfondimento della successione storica degli eventi che, proprio a partire dalla sentenza 1855/2008 del TAR del Lazio e il successivo pronunciamento del Consiglio di Stato, hanno infine ricondotto il cittadino elettore a dover nuovamente porre la questione al giudice amministrativo.
Aggiornamento: l'udienza del 29 gennaio si è conclusa con un'ordinanza che lascia ben sperare. Non è stato infatti opposto il difetto di giurisdizione ed è stata fissata la data del 4 aprile 2013 per la trattazione della causa nel merito.
È giusto votare con una legge elettorale incostituzionale? Il Porcellum, è costituzionale? Forse sì, forse no, molto probabilmente no. Nulla di più normale che su questo si pronunci la Corte Costituzionale. Ma proprio qui sta il problema. Come attivare il sindacato di costituzionalità? Già altre volte si è tentato ma è andata male, perché la giustizia ordinaria e amministrativa hanno dichiarato di non poter intervenire in materia di legge elettorale, neanche, appunto, per sollevare la questione di legittimità.
Nel frattempo sono però sopraggiunti elementi nuovi , ed è per questo che è stato presentato un nuovo ricorso al TAR del Lazio (in coda all'articolo), con il chiaro obiettivo di far giungere la questione di legittimità costituzionale della legge elettorale all'Organo preposto, la Corte Costituzionale.
Gustavo Zagrebelsky è stato Giudice costituzionale dal 1995 al 2004. Anni nei quali ha certamente avuto modo di dare un importante contributo al processo di elaborazione di quei principi ai quali la Consulta si ispira in occasione dei giudizi di ammissibilità dei referendum abrogativi, con particolare riguardo ai referendum cosiddetti elettorali. Principi ormai consolidati, e su questo si può legittimamente dissentire, ma rispetto ai quali appare sorprendente sperare, tanto più se tale aspirazione proviene da un ex Giudice costituzionale, che possano essere ribaltati da una sentenza all’altra.