Sempre in prima fila per la difesa del diritto alla rappresentanza, l'avvocato Besostri ci ha purtroppo lasciati e non in un bel momento visto cosa bolle in pentola in tema di riforme costituzionali.
È triste doverlo ammettere, ma è per merito del Covid19 se solo ora è divenuto chiaro a tutti che il nuovo Titolo V del 2001, e questo nonostante abbia già dato prova di non funzionare per l'ordinarietà, rappresenti un pericoloso concentrato di federalismo competitivo e di confusione riguardo alle competenze. A questa miscela, di per sé già esplosiva, in queste ore si è aggiunta un'ulteriore confusione: quella sulle responsabilità.
In questi giorni non è certamente passata inosservata l'ennesima campagna del Movimento 5 Stelle per rilanciare il dimezzamento degli stipendi ai parlamentari: qualche milione di euro, poca cosa, ma che in questo momento - "perché no?" - potrebbe tornare utile. Al tempo stesso, però, pare non torni utile la richiesta di un contributo di solidarietà avanzata da Delrio del PD: un prelievo temporale su base progressiva, calcolato su quanto guadagnato al di sopra degli 80.000 euro. Un contributo che, oltre a pesare molto poco per la fascia benestante più bassa, indirettamente contribuirebbe a ridurre anche lo stipendio dei parlamentari.
Molto bene, dopo l'uscita della lista delle attività essenziali da tenere ancora in funzione, si è capito che la comunicazione straordinaria serale di Conte è stata solo una messa in scena. In tanti chiedevano-urlavano di chiudere tutto ciò che non era essenziale, lui ha raccolto l'invito, l'ha fatto, ma sostanzialmente è rimasto tutto come il giorno prima. Del resto, se solo si prova ad elencare ciò che potrebbe essere indispensabile per la tenuta del servizio ospedaliero, anche poltrone e sofà è un'attività essenziale.
Il 29 marzo 2020 si svolgerà il quarto referendum costituzionale confermativo della storia della Repubblica italiana. Oggetto del referendum: la conferma o meno della legge costituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari. Secondo gli effetti della legge sottoposta all’esame degli elettori, la Camera dei Deputati passerà dagli attuali 630 deputati a 400, di cui 8 eletti nella Circoscrizione Estero; il Senato da 315 elettivi a 200, di cui 4 eletti nella Circoscrizione Estero. Il numero minimo di senatori assegnati ad ogni Regione passerà da 7 a 3; 3 anche per le Province autonome; 2 per il Molise; 1 per la Valle d’Aosta. Il numero dei senatori a vita presenti al Senato, infine, di nomina presidenziale, non potrà più essere superiore a 5.
Partiamo da una premessa: i debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti dei privati, cioè circa 60 miliardi di euro. A conti fatti si tratta di due-tre manovre finanziarie. Questa breve premessa per dire che sì, si tratta di trovare 60 miliardi e che, per farlo, non è che ci sia molto da scegliere: spostare il debito da una voce all'altra; oppure aumentare le entrate, quindi più tasse, ma una volta tanto andando a prendere i soldi necessari dove sono, visto che la ricchezza reale e finanziaria degli italiani è stimata in circa 10.000 miliardi, oltre 4 volte il debito pubblico italiano. Ovviamente, parlando della ricchezza degli italiani, vale la regola dei polli di Trilussa: chi tanto e chi niente, ma la media dice altro.
Erano partiti per tagliare le pensioni d'oro, se la son presa a partire da quelle al di sopra tre volte la minima. Erano partiti con il reddito di cittadinanza, sono finiti per varare una tessera di povertà per pochi e da utilizzare per spese morali (peraltro ancora non è finita, visto che il tutto diverrà nero su bianco con un futuro decreto). Dovevano abolire la Fornero, hanno invece aperto solo delle finestre per un'uscita anticipata e finanziata solo per tre anni (con tutto quanto ne consegue riguardo all'assegno finale); e se provi ad arrotondare con qualche lavoretto, guai, perché non si può cumulare. Erano partiti che con quota cento si sarebbero liberati tanti posti di lavoro per i disoccupati, ma poi hanno pensato bene di bloccare per tutto il 2019 le assunzioni nella Pubblica amministrazione. Dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, e in effetti lo hanno fatto: non nel senso auspicato, ribadendone la centralità, loro che salivano sui tetti a difesa della Costituzione, bensì rendendolo inutile. Cari grillini, ci si ferma qui, solo perché è Natale e siamo, non proprio tutti, più buoni.
Grazie alle ultime vicende francesi, sta divenendo possibile fare un po' di chiarezza circa i rapporti tra l'Unione Europea e i singoli Stati membri. La protesta dei Gilet gialli, per quanto da più parti la si voglia ricondurre all'ennesimo scontro sovranismo contro Europa, ha ben poco a che vedere con le possibili ingerenze dei burocrati di Bruxelles nelle decisioni francesi. Macron, infatti, bandiera dell'Europa in mano, sta (stava) perseguendo delle politiche per le quali aveva chiesto ed ottenuto i voti necessari per poterle attuare. Più sovrani di così!
Sulla legittima difesa, la questione vera non riguarda i mezzi che potrebbero essere utilizzati per difendersi, bensì se sia lecito o meno poter eccedere nella legittima difesa. Arma da fuoco o altro che sia. Esempio di delitto perfetto se si attuassero i propositi del Ministro Salvini. Mi sta sulle balle Tizio; lo porto a cena a casa di Caio; Caio e Tizio non si sono mai conosciuti prima di quel momento; Caio colpisce Tizio con una coltellata alle spalle. Cosa dovrà fare Caio per poter farla franca facilmente, nonostante l'evidente assenza di pericoli concreti per la propria incolumità? Praticamente nulla. Molto semplicemente, varrà il principio per il quale è sempre legittimo reagire nei confronti dell'intrusione di un estraneo. Né più e né meno di quanto scritto su certe magliette sponsorizzate dal Ministro dell'Interno Salvini: l'offesa è la miglior difesa.
In un Paese civile, un evento senza precedenti nella storia degli stati, come la declaratoria di incostituzionalità del sistema di elezione del Parlamento – cioè della legge che sancisce la forma di stato e inerisce alla forma di governo - avrebbe determinato, immediatamente e senza alcuna esitazione, lo scioglimento immediato delle assemblee elette con quel sistema. Con l’assoluta sicurezza della legittimità del sistema elettorale col quale sarebbero state elette le nuove Camere, stante la fortuna di disporre di un meccanismo elettorale di risulta costituzionalmente corretto e immediatamente utilizzabile, depurato com’è delle disposizioni illegittime. Siamo, invece, in Italia. Ci tocca quindi constatare che le due Camere del Parlamento restano, spavaldamente, in carica. Per giunta si apprestano a riformare addirittura la Costituzione ed intanto a provvedersi di un altro sistema elettorale. A proporlo sono stati due personaggi ambedue sprovvisti di potere propositivo legale. Uno perché condannato per truffa a danno dello stato ed interdetto dai pubblici uffici, l’altro perché era titolare di una carica che lo rendeva incompatibile col mandato parlamentare. Ambedue in preda all’ossessione di acquisire, esercitare e incrementare potere personale, anche calpestando norme e principi. Ma non basta. Ad integrare la devastazione giuridica, politica e morale che sta attraversando la nostra Repubblica, si aggiunge il tipo di sistema elettorale che propugnano i due usurpatori dei diritti dei componenti delle due Camere. Sistema che riproduce sfacciatamente le incostituzionalità già accertate dalla Corte, le riveste e le imbelletta con sguaiata volgarità.
Categoria: Associazione Per la democrazia costituzionale
FORUM DIRITTI/LAVORO
SEMINARIO PUBBLICO
TESTO UNICO SULLA RAPPRESENTANZA: MONOPOLIO O DEMOCRAZIA SINDACALE?
Roma, 25 febbraio - Centro Congressi Cavour Via Cavour 50a - ore 15.30/19.00
Costituzionalisti, giuslavoristi, avvocati del lavoro e sindacalisti discuteranno del Testo unico sulla rappresentanza sindacale nel seminario pubblico che si terrà martedì 25 febbraio a Roma, presso il Centro Congressi Cavour, in via Cavour 50 A, dalle ore 15.30.
E se dopo aver letto i numeri la legge elettorale sarda e l'elezione diretta dei Presidenti di Regione vi sembreranno, nell'insieme, una grande scemata... tranquilli, potrete dire di avere i numeri dalla vostra parte.
Affluenza (voglia di partecipare):
Su 1.480.332 elettori hanno votato solo in 774.939, cioè il 52,34%.
Avete presente quei manuali del tipo "l'inglese per viaggiare", letti velocemente i quali in molti si convincono che sì, se ne sa abbastanza anche per ben altro?
Ecco, questo è quanto sta avvenendo sul Blog di Beppe Grillo, con le lezioni sulla legge elettorale a cura del prof. Aldo Giannuli.
Una paginetta di spiegazioni per singoli aspetti, poi dopo il voto si passa, per esclusione, alla paginetta successiva, e poi subito di nuovo pronti per votare nuovamente.
Se se ne scrive, però, è solo per segnalare, purtroppo, l’inconsistenza di alcune accuse, nonché alcune incongruenze che potrebbero addirittura portare al consolidamento di quel “presidenzialismo di fatto” che è sotto gli occhi di tutti e per il quale le responsabilità del Presidente Napolitano sono enormi.
Governabilità e rappresentanza, questi i cardini sui quali, a seguito della sentenza della Consulta, dovrebbe cercare di reggersi la legge elettorale.
Sì, va bene, ma i numeri a cui fare riferimento, come deciderli?
È giusto “vincere” al 35%, o è più giusto al 37 o al 40%?
Ed è giusto, nella logica di una legge elettorale in grado di assegnare, al primo turno o al ballottaggio, un premio di maggioranza, poter decidere anche il livello di NON rappresentanza per le forze minori di opposizione?
Se c’è un vincitore sicuro, con la maggioranza parlamentare assicurata dal meccanismo elettorale, per quale motivo fare terra bruciata di milioni di voti di opposizione?
Per quale motivo alterare l’espressione della sovranità popolare anche dal lato della futura opposizione, se l’obiettivo della governabilità risulta in ogni caso assicurato dal premio di maggioranza?
Per un motivo molto semplice che si chiama voto utile; un voto peraltro ugualmente utile se gli elettori “nemici” smettono di votare.
Dal Blog di Grillo è infine arrivata la conferma che il Movimento 5 Stelle procederà con la richiesta di messa in stato di accusa del Presidente Napolitano.
Facile immaginare una pronta reazione di quanti si ergeranno a difesa della figura e del ruolo svolto dal Presidente.
A modesto parere di chi scrive, invece, se c'è da dolersi di fronte a questo tipo di iniziativa, è il ritardo con la quale giunge.
Ma come si dice: meglio tardi che mai. Servirà in ogni caso per aprire una seria discussione in grado di coinvolgere anche l'opinione pubblica circa l'effettivo ruolo che la Costituzione affida al Presidente della Repubblica.
Tra la Germania e la Francia, o l'Inghilterra o gli USA, per i fondamentalisti della governabilità a tutti i costi non c'è dubbio: si scarta il modello tedesco e si scelgono gli altri tre paesi.
Tre sistemi istituzionali molto diversi, ma dove, vuoi per la forma di governo, o vuoi per la legge elettorale, non c'è nessun meccanismo in grado di assicurare un vincitore sicuro ed un governo senza problemi:
1) il democratico Obama vince ma deve fare i conti con un Congresso di diverso orientamento;
2) analoghi problemi con il semipresidenzialismo francese;
3) governi di coalizione, infine, formati dopo le elezioni, sono spesso la norma sia per la Francia che per l'Inghilterra.
A ben vedere, quindi, la ricerca di una legge elettorale in grado di arrivare ad un vincitore sicuro, costi quel che costi, è una peculiarità tutta renzùberlusconiana.
Liste di candidati in collegi plurinominali a cambiare il nome delle liste bloccate, riparto proporzionale dei seggi su base nazionale, alte soglie di sbarramento, premio di maggioranza, eventuale secondo turno di ballottaggio per l’assegnazione del premio di maggioranza, questo, in cinque punti, l’impianto base della legge elettorale sul quale Renzi e Berlusconi hanno trovato l’accordo.
Una proposta dichiarata inemendabile, in quanto l’insieme ideato ha dei suoi perché e dove tutto può crollare se solo si prova a farne saltare uno.
Un punto di equilibrio difficilmente comprensibile, a meno di non prendere atto che si tratta di un tentativo con la chiara finalità di resuscitare, sotto altre forme, tutti i difetti incostituzionali del Porcellum.
Categoria: Associazione Per la democrazia costituzionale
La proposta di riforma elettorale depositata alla Camera a seguito dell’accordo tra il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi consiste sostanzialmente, con pochi corretivi, in una riformulazione della vecchia legge elettorale – il cosiddetto “Porcellum” – e presenta perciò vizi analoghi a quelli che di questa hanno motivato la dichiarazione di incostituzionalità ad opera della recente sentenza della Corte costituzionale n.1 del 2014.
Sono passati soltanto 6 giorni dal deposito delle motivazioni della Consulta contro le illegittimità costituzionali del Porcellum, ma per la Casta che vive nei palazzi tutto prosegue come se nulla fosse.
L’accordo raggiunto con Berlusconi sulla legge elettorale, infatti, presentato da Renzi alla Direzione del PD, ha contenuti a dir poco eversivi, avendo per capisaldi l’esatto contrario di quanto la Consulta ha indicato nella sentenza 1-2004.
Confesso che - dopo aver valutato la nota recente pronuncia della Corte Costituzionale, la quale nonostante tutto ha pur dovuto ritenere "legittimato" l'attuale Parlamento - già avevo considerato come fosse una situazione assurda quella secondo cui il controllo di costituzionalità può inevitabilmente avvenire assai dopo che i buoi sono già fuggiti dalla stalla (rectius, dopo che i maiali sono scappati dal "porcellum"). Per una legge fondamentale, tanto fondamentale e gravida di effetti, dovrebbe essere consentito un controllo preventivo, e qui i Costituenti hanno lasciato forse una grave lacuna.
(ultimo aggiornamento: 18/01/2014) Pur nella relativa semplicità delle questioni sottoposte al suo esame, la sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, che ha finalmente cassato alcune parti del Porcellum, verrà sicuramente ricordata non tanto per la chiarezza, quanto per alcune complicazioni interpretative di troppo.
In primo luogo i criteri adottati per lo scrutinio di proporzionalità e ragionevolezza per decidere sul premio di maggioranza del Porcellum, attraverso la verifica “che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale.”
Come inizio non c'è male, visto il labile confine facilmente variabile, in quanto “Tale giudizio deve svolgersi «attraverso ponderazioni relative alla proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalità rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti”.
Si tratta cioè di “valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi.”
Prima Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati 14/01/2014
Ringrazio il Presidente della Commissione, che mi dato questa opportunità, e il Gruppo di SEL, che mi ha indicato. Spero ardentemente che attraverso queste audizioni la Commissione Affari Costituzionali e l’aula siano in grado di licenziare un testo di legge elettorale, che non costringa i cittadini elettori ad impugnarlo per contrasto con la Costituzione, che affida la sovranità al popolo (art. 1 Cost.) con l’unico limite del rispetto della Costituzione: in una democrazia parlamentare rappresentativa la partecipazione alle elezioni è la massima espressione della volontà popolare. E’ nell’interesse di tutti evitare il ripetersi di un’Odissea giudiziaria, che in alcuni momenti è stata un vero e proprio Calvario, come quella che ha condotto la Corte Costituzionale ad annullare in parte qua disposizioni significative dei TT.UU. per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica introdotte con la legge n. 270 del 2005.
L'Associazione nazionale Giuristi Democratici e l'Associazione Per La Democrazia Costituzionale invitano al primo seminario che affronta le prospettive aperte dalla importantissima decisione della Consulta
Sul referendum indetto e chiuso in giornata sul Blog di Grillo, sì o no all'abrogazione del reato di immigrazione, gli iscritti certificati che hanno votato si sono espressi in maggioranza per l'abrogazione.
Due buone notizie in una.
La prima: come in tutte le formazioni politiche, sulle vertenze spinose molti iscritti si dimostrano molto meglio dei leader riconosciuti.
La seconda: si può finalmente criticare il metodo senza che arrivi l'accusa che se ne parla male perché il risultato non è piaciuto.
Recentemente ho rilasciato un’intervista a “La Repubblica” (6 gennaio 2014) che, a causa di qualche taglio, può aver ingenerato qualche equivoco che qui mi sembra il caso di dissipare. Il giornalista mi ha chiesto se ritenevo il Parlamento illegittimo e, pertanto, non in grado di occuparsi della riforma elettorale. Come in altre interviste (ad es. data a “La 7” il giorno 7 gennaio) ho precisato che la questione si pone su due piani diversi, che occorre non confondere: quello giuridico e quello politico.
Sul piano giuridico il Parlamento è legittimo perché, per definizione, gli organi dello Stato non ammettono “vacanze”; diversamente dovremmo ritenere illegittimo anche il Presidente Napolitano, eletto da questo Parlamento, il giudice Giuliano Amato, nominato da questo Presidente e, in definitiva la stessa sentenza della Corte perché al voto su di essa ha partecipato Amato che non ne avrebbe avuto titolo.
Un’Odissea Giudiziaria e Elettorale di Felice Besostri
«Mio padre commerciava frutta all’ingrosso ai Mercati Generali di Milano allora in Corso XXII Marzo dove ora c’è il Largo Marinai di Italia e la Palazzina Liberty era semplicemente il posto di ristoro per gli operatori del Mercato e non il luogo delle sperimentazioni teatrali di Dario Fo e Franca Rame e successivamente, dopo un lungo periodo di abbandono degrado, la sede dei concerti di Milano Classica. A quel tempo c’erano ancora carrelli a mano con uomini tra le stanghe come animali da tiro e gli stallazzi per i cavalli e nei pressi Gualtiero Marchesi faceva le sue prime esperienze.
Renzi, che non siede in Parlamento, incontrerà Berlusconi, che non siede in Parlamento, per discutere di legge elettorale.
Grillo, che non siede in Parlamento, ha a sua volta ribadito, con il discorso streaming di fine anno, quanto va sostenendo da marzo 2013.
No, solo per dire... ci si stracciano le vesti per fare una legge sull'incandidabilità, la più rigorosa possibile, tutto nella norma, però, se a dettare l'agenda di lavoro del Parlamento siano tre privati cittadini che, chi per un motivo, chi per un altro, non siedono in Parlamento.
Ancora non sappiamo come reagiranno i cittadini europei e italiani, il 22-25 maggio quando si voterà per il nuovo Parlamento dell'Unione - se diserteranno le urne, se si interesseranno ai propri rappresentanti in Europa - ma sin da ora sappiamo una cosa: per la prima volta, nella crisi che ci assilla, parlano e decidono i popoli, e non più solo le troike, la Banca centrale, ancor peggio il Fondo monetario.
Per quanto invece riguarda il discorso di Grillo, che contesta l'illegittimità costituzionale dell'attuale Parlamento per l'abnorme premio di maggioranza, ma al tempo stesso continua a sostenere la necessità di tornare a votare con il Mattarellum, ci si permette di ricordare alcuni numeri.
L'anno politico si chiude, come l'anno scorso, con il boicottaggio del discorso di Napolitano.
A differenza dello scorso anno, però, questa volta a promuoverlo non è la solita catena sui social forum, bensì tre forze politiche presenti in Parlamento.
Fa una bella differenza.
I comuni mortali, una volta messa una crocetta sulla scheda, non hanno altri particolari mezzi a disposizione per esprimere disagio e dissenso; chi siede in Parlamento no, qualche strumento in più lo ha.
Sì, non c'è dubbio, ormai lo sanno pure i sassi: nel 1993 il popolo si è pronunciato per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti e per una legge elettorale prevalentemente maggioritaria.
I sassi dovrebbero pure sapere, però, che da allora sono passati ben 20 anni e che, in questi 20 anni, sono successe tante cose e che, soprattutto, il corpo elettorale non è più lo stesso: gli elettori dai 18 ai 37 anni all'epoca non votavano. Che c'azzecca? C'azzecca, c'azzecca.
A quelli che "Grazie Giachetti per lo sciopero della fame per la legge elettorale", è il caso di ricordare due cose, in modo particolare dopo la dichiarazione di incostituzionalità del Porcellum da parte della Consulta:
Giachetti voleva il ritorno al Mattarellum, quindi collegi vinti senza soglia, quindi premio senza soglia;
Giachetti voleva il ritorno al Mattarellum, quindi liste bloccate e candidati prendere o lasciare nei collegi.
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica – alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione. La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali “bloccate”, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.
Ma perché, anche da Santoro, non è stato invitato nessuno dei ricorrenti contro il Porcellum?
Così, tanto per spiegare le difficoltà incontrate per riuscire a far pronunciare la Consulta e, soprattutto, per chiedergli: ma come vi sentivate quando nessuno, compresi noi, non vi si filava e non informava su ciò che stavate facendo?
PS: Ovviamente, lo stesso potrebbe valere anche per il Fatto Quotidiano che se ne sta occupando soltanto da ieri; e per tutti i media.
L'emergenza del sovraffollamento e della condizione disumana nelle carceri italiane è un fatto oggettivo. Certo, è sicuramente grave che si continui ad affrontare la questione da un punto di vista emergenziale, ma sarebbe altrettanto grave parlare solo di massimi sistemi senza fare nulla. Berlusconi è uno; coloro che oggi vivono in condizioni disumane sono decine di migliaia.
Dopo il «no» della Consulta il governo punta a bloccare l'indicizzazione
La pronuncia «Il contributo di solidarietà è una palese violazione dell'articolo 53 della Costituzione»
Tre giorni fa il ministro del Lavoro Enrico Giovannini è stato chiaro sulle intenzioni del governo: «Sulle pensioni d'oro non si può mettere un contributo di solidarietà perché è stato bocciato dalla Corte Costituzionale - ha detto - ma si può bloccare l'indicizzazione (ovvero l'aggiornamento Istat)». Un «blocco» - ha aggiunto - che a seconda del livello di importo al quale si fissa «può produrre effetti non trascurabili». Si ripartirà da lì, dopo che ai primi di giugno la Consulta ha stabilito senza ombra di dubbio che il contributo di solidarietà chiesto ai pensionati che prendono più di 90 mila euro lordi l'anno viola la Costituzione.
Siamo alle solite: da un lato la giustissima critica all'attuale legge elettorale, il Porcellum; dall'altro, però, l'apertura di scenari, tra i quali anche un ritorno alla precedente legge elettorale, il Mattarellum, chiaramente finalizzati a non restituire alcun potere di scelta effettiva agli elettori. Una sorta di bue che dice cornuto all'asino, con la convinzione che, pur di cambiare, la gggente con 3 G finirà per cadere nella medesima trappola che nel '93 la convinse a passare dal proporzionale puro ad un maggioritario di collegi uninominali per il 75% e recupero del restante 25% su base proporzionale (questo il risultato effettivo del referendum del '93 che, è bene ricordare e sottolineare, si svolse per la sola legge elettorale del Senato).
Se UNO vale UNO, come da Costituzione, chiunque dica di parlare a nome dei Cittadini, faccia la cortesia di sottrarre il mio nome: i Cittadini meno UNO!
Per parlare a mio nome si deve avere in mano un atto legale da me sottoscritto o, quanto meno, aver ottenuto il 100% dei voti in occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento.
Tenuto quindi conto che l’esercizio del diritto di voto è segreto, chiunque prenda un voto in meno del 100%, se non esplicitamente autorizzato a farlo, non può e non deve arrogarsi il diritto di parlare anche a nome del Cittadino-Elettore Franco Ragusa.
Allora, cominciamo con il chiamare con il loro vero nome le cose: “l’operatività del Governo tuttora in carica, benché dimissionario e peraltro non sfiduciato dal Parlamento”, nonché l’istituzione di “due gruppi ristretti di personalità tra loro diverse per collocazione e per competenze” a cui chiedere di “formulare - su essenziali temi di carattere istituzionale e di carattere economico-sociale ed europeo - precise proposte programmatiche”, rappresentano un grave atto eversivo di commissariamento del Parlamento di cui ieri si è macchiato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
C’è un luogo comune che imperversa in gran parte dei commenti dei più illustri analisti di questioni elettorali: è tutta colpa del Porcellum, cioè della lotteria con la quale vengono assegnati i diversi premi regionali, se il Senato non è in grado di esprimere, rispetto alla Camera dei Deputati, una maggioranza stabile.
Vero, ma solo in piccola parte. Anzi no, in piccolissima parte.
Che il sistema elettorale preveda l’elezione del Senato su base regionale, infatti, sta scritto sulla Costituzione; così come c'è pure scritto che per le due Camere votano due corpi elettorali diversi.
Tant’è che è sempre stato così, sia con il Mattarellum in vigore dal 1993 al 2005, e sia con la precedente legge elettorale proporzionale.
La regione Lombardia, ad esempio, ha sempre avuto il più alto numero di seggi senatoriali, così come, da sempre, gli elettori lombardi non hanno mai mischiato i propri voti per il Senato con quello proveniente dalle altre regioni.
Non c’è dubbio: nel 1993 i cittadini italiani si sono pronunciati per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti. Si tratta di un responso tornato prepotentemente alla ribalta a seguito delle vicende che hanno riguardato la disciolta Margherita e la Lega Nord e che, da solo, si afferma sia più che sufficiente per mettere una croce definitiva anche sulla pessima legge che dal 1999 regolamenta i rimborsi elettorali. Messa così, però, più che parlare di rispetto della volontà popolare, allo studioso viene da chiedersi quale incredibile patto con il diavolo si sottoscriva una volta votato un referendum.
Tanto più che nel frattempo sono passati 19 anni e tanti elettori, che all’epoca avevano 17 anni o che sarebbero nati di lì a poco, neanche votavano. Mettendosi, quindi, nei loro panni, potrebbe risultare un po’ difficile accettare l’idea che i risultati di un referendum debbano essere considerati intoccabili.