Ancora non si sa se consigliato da qualcuno o se in perfetta solitudine, ma alla fine il Presidente Napolitano ha deciso di intervenire duramente contro la Procura di Palermo, sollevando il conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte Costituzionale, "per le decisioni che questa ha assunto su intercettazioni di conversazioni telefoniche del Capo dello Stato; decisioni che il Presidente ha considerato, anche se riferite a intercettazioni indirette, lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione."
Oramai si tratta di un appuntamento quotidiano: non passa giorno senza che arrivi un nuovo provvedimento od una tassa in grado di peggiorare le già disastrate condizioni di vita di buona parte del Paese. Ci dicono che è tutta colpa dell’enorme debito pubblico accumulato e che si tratta, pertanto, di interventi necessari e non più rinviabili, tanto più vista la contingente crisi economica. Proprio per questo, oggi più che mai sarebbe necessario intervenire per contrastare lo sperpero di risorse pubbliche, impedendo che queste vengano impiegate, ad esempio, per finanziare la delocalizzazione delle attività produttive. Molto spesso, infatti, i soldi dei contribuenti italiani non vengono utilizzati per creare nuovo lavoro in Italia, bensì all’estero.
Lettera inviata al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Signor Presidente, nel ringraziarla per aver evocato temi di vitale interesse per il Paese, crescita e piena occupazione, colgo l’occasione per segnalarle un piccolo-grande spreco di risorse pubbliche. Negli ultimi anni l’Azienda RAI ha ridotto di molto il budget da destinare alla produzione di Film e Fiction. A causa di questa riduzione, giunge voce dai piani alti, l’Azienda si è trovata costretta a finanziare, al fine di mantenere inalterata la programmazione, un numero sempre più elevato di progetti da realizzare interamente o in parte all’estero. Ma se tutto ciò può avere un senso logico secondo il ristretto punto di vista della RAI, non ne ha però alcuno dal punto di vista del sistema Paese.
Ricevuto il progetto Vizzini il 18 aprile 2012, alla Prima Commissione del Senato sono stati sufficienti 42 giorni per dibattere e consegnare all’Aula un testo di revisione costituzionale “chiavi in mano”. Considerato che si viene dalla recente approvazione, con la modifica dell’art. 81, dell’introduzione del vincolo di bilancio in Costituzione, il detto che “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi” non sembra per nulla preoccupare i nostri, o meglio, i “loro” parlamentari, visto che si tratta di tutti nominati. Un continuo bruciare le tappe che, da solo, smentisce il luogo comune secondo il quale l’attuale sistema legislativo sarebbe troppo farraginoso e lento, come del resto abbiamo ben potuto constatare negli ultimi anni.
Cantando fuori dal coro, si sa, è facile guadagnarsi una bella dose di impopolarità. Sui costi della politica, poi, di questi tempi è divenuto difficile anche il solo suggerire di riflettere con più pacatezza: si rimane sommersi dagli insulti, perché tanto sono tutti ladri e c’è solo da azzerare le spese. E poco importa se, da queste semplificazioni, potrebbero nascere o svilupparsi meccanismi di esclusione altrettanto efficaci e non meno insidiosi.
La notizia è di quelle toste e dai giornali si è presto diffusa su tutti i blog: Finanziamento ai partiti, spunta un emendamento anti-Grillo. Con l’introduzione di una norma semplice semplice, infatti, che impone l’obbligo di uno Statuto per i partiti che intendono accedere ai rimborsi elettorali, l’M5S verrebbe di fatto escluso da questi finanziamenti, trattandosi, appunto, di un Movimento senza Statuto. Siamo di fronte, ovviamente, ad una non notizia, e per ben due motivi.
Finalmente, con i risultati dei ballottaggi ormai acquisiti, possiamo decretare la fine della campagna elettorale e, quindi, tornare a parlare dei grandi temi.
In primo luogo c’è da registrare, sin dal primo turno, l’ennesimo calo di partecipazione al voto.
Per questo motivo, nessuno degli ultimi sindaci eletti potrà vantare di rappresentare in maniera “larga” le popolazioni che sarà chiamato ad amministrare.
Non c’è dubbio: nel 1993 i cittadini italiani si sono pronunciati per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti. Si tratta di un responso tornato prepotentemente alla ribalta a seguito delle vicende che hanno riguardato la disciolta Margherita e la Lega Nord e che, da solo, si afferma sia più che sufficiente per mettere una croce definitiva anche sulla pessima legge che dal 1999 regolamenta i rimborsi elettorali. Messa così, però, più che parlare di rispetto della volontà popolare, allo studioso viene da chiedersi quale incredibile patto con il diavolo si sottoscriva una volta votato un referendum.
Tanto più che nel frattempo sono passati 19 anni e tanti elettori, che all’epoca avevano 17 anni o che sarebbero nati di lì a poco, neanche votavano. Mettendosi, quindi, nei loro panni, potrebbe risultare un po’ difficile accettare l’idea che i risultati di un referendum debbano essere considerati intoccabili.
C’è un grande dibattito, in questi giorni, intorno al tema dell’antipolitica e di chi, più di altri, ne faccia uso ed abuso. Nessuno, però, che provi a guardare dentro casa propria. Ed è abbastanza curioso, peraltro, che ad essere preso di mira sia prevalentemente il Movimento di Grillo, visto che non è certo per colpa di quest’ultimo se si proviene da oltre un ventennio di becero populismo all’insegna della semplificazione del quadro politico, con tanto di nomi sui simboli di partito a rappresentare un’idea che ha trasformato la partecipazione e la rappresentanza in un modello “governante” per lo più fatto di uomini della provvidenza ai quali affidarsi.
Durante la conferenza stampa di presentazione del Ddl per la “riforma del mercato del lavoro”, rispondendo alle domande dei giornalisti circa alcuni aspetti delle modifiche sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, il Ministro Fornero ha premesso di non essere una giurista.
Si tratta di una notizia bomba, che avrebbe dovuto riempire le prime pagine dei maggiori giornali, considerato che è proprio al Ministro Fornero, una che ha appena confessato di non masticare molto di questioni giuridiche, che il Governo Monti ha affidato il delicato compito di rivedere la norma sul reintegro nel posto di lavoro. È come se, per riparare il motore di una Ferrari, fosse stato scelto l’idraulico sotto casa.
"Leggiamoci, prego, la Costituzione", scrive Umberto Eco sull'Espresso per spiegare che "Il governo Monti non è una sospensione delle libertà democratiche". Anzi: "È un caso previsto dai nostri costituenti. A sostenere il contrario sono gli stessi che da anni parlano di Seconda Repubblica. Sbagliando". Costituzione contro seconda Repubblica, quindi. E come dargli torto? In effetti, dall'introduzione della logica maggioritaria, il nostro è divenuto un sistema parlamentare snaturato, con i Governi, si dice, eletti direttamente dal Popolo, mentre la Costituzione prevede, come ci ricorda Eco, un percorso di formazione del Governo che passa per il Parlamento: "il governo deve avere la fiducia delle due Camere". Tornando, quindi, al Governo Monti, non vi sarebbe stata alcuna violazione del dettato Costituzionale, ma solo il venir meno delle pretese di chi, in nome della seconda Repubblica, continua a parlare di elezione diretta del Governo. Osservazione all'apparenza ineccepibile, ma che, in qualche modo, rende di per sé molto curiosa l'esperienza del Governo Monti, in quanto sostenuto proprio da quelle forze politiche che, negli ultimi anni, hanno maggiormente predicano il verbo della seconda Repubblica.
Più le polemiche aumentano nei confronti della prospettata nuova legge elettorale a cura del trio ABC, e più viene voglia di alzare bandiera bianca. Tutte le posizioni sono ovviamente legittime, ma scambiare fischi per fiaschi no, così non va bene: si fa solo il gioco dei tre porcellini. Prendiamo, ad esempio, la domanda posta dal team di Santoro durante la trasmissione Servizio Pubblico del 29-03-2012: “La riforma della legge elettorale che si va delineando cancella l’obbligo d’indicare la coalizione di governo. Siete d’accordo?”